Per un nuovo Luddismo

[da wikipedia--http://it.wikinews.org/wiki/Torino:_incendio_all%27acciaieria_ThyssenKrupp%2C_un_mort
o_e_sei_feriti]-- "Torino, giovedì 6 dicembre 2007". Il bilancio dell'incendio avvenuto questa notte alle acciaierie Thyssen Krupp di Corso Regina è di un morto e nove feriti.
A perdere la vita è stato il 36 enne Antonio Schiavone, di Envie (CN), sposato e padre di 3
figli: 2 bambine di 6 e 4 anni, e di un figlio maschio di appena 2 mesi.
Sono gravi le condizioni di Bruno Santino e Giuseppe De Masi, ricoverati al Maria Vittoria, che
presentano ustioni di terzo grado sul 90% del corpo. Gravi anche Angelo Laurino, ricoverato al
Giovanni Bosco, e Roberto Scola, ricoverato al Cto. Un altro ferito grave è ricoverato al
reparto rianimazione delle Molinette, in stato di coma farmacologico. Un sesto ferito è stato
portato al centro grandi ustionati di Genova. Altri tre operai, invece, sono stati già dimessi.
Secondo le ricostruzioni, una vasca di olio bollente, usato negli ambienti di lavorazione per
il raffreddamento dei laminati, ha preso fuoco, ma mentre il gruppo degli operai, che secondo
fonti sindacali era al lavoro da più di 4 ore rispetto al normale turno lavorativo, cercava di
spegnere le fiamme con gli estintori prima, e con le manichette poi, è stato investito da una
enorme fiammata. Questa si è sprigionata da una tubatura d'olio ad alta pressione, che ha
ceduto e l'olio nebulizzato è uscito prendendo fuoco: esso ha investito gli operai impegnati
nell'estinzione del principio di incendio. La forza delle fiamme, secondo la testimonianza
dell'unico operaio che è riuscito a raggiungere le docce d'emergenza, è cresciuta
improvvisamente ed esse arrivavano come cavalloni, ma di fatti di fuoco e non d'acqua.[1]Subito
il reparto è diventato un inferno. Gli estintori utilizzati sono stati trovati, secondo quanto
riportato da alcuni operai, in parte vuoti. L'impianto è in fase di dismissione, con la
concentrazione a Terni del lavoro relativo all'acciaio. Pare che la manutenzione abbia subito
una riduzione molto consistente, con la riduzione drastica dei tecnici addetti e le operazioni
di mantenimento della sicurezza.[....]"////[comunicato ufficale delle acciaierie thyssenkrupp--http://www.acciaiterni.it/ ] Come noto, nella notte del 6 dicembre scorso, un drammatico incendio è divampato in una delle linee di produzione del laminatoio a freddo dello stabilimento della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni di Torino, a seguito del quale hanno tragicamente perso la vita sei colleghi, e altri sono rimasti feriti tra cui uno in modo grave.
ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni è pienamente partecipe del dolore delle famiglie e degli
amici, e consapevole della propria responsabilità umana verso i familiari delle persone colpite
nell’incidente e come già più volte pubblicamente dichiarato, non si sottrarrà dal farsi
pienamente carico di tutte le conseguenze. “Non possiamo cambiare ciò che, purtroppo, è successo, ma possiamo e faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per tentare di mitigare le dolorose conseguenze per i familiari”. ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni ha assicurato il suo supporto umano, medico, psicologico, logistico e finanziario alle famiglie delle vittime. L’azienda si è anche impegnata a sostenere il futuro dei figli delle vittime attraverso la costituzione di un fondo finalizzato a finanziare gli studi. In aggiunta a questo, e anche a seguito delle richieste provenienti da colleghi e semplici cittadini, l’Azienda ha aperto un conto corrente per raccogliere donazioni a sostegno delle vittime del tragico incidente.////[notizia ansa--http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_ticker/2007-12-22_122139798.html ]."Prodi a funerali vittima Thyssen-Le esequie di Rosario Rodino' alle 11 a Torino"- (ANSA) - TORINO, 22 DIC - Ci sara' anche Prodi al funerale di Rosario Rodino', la sesta vittima del rogo del 6 dicembre alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino. Le esequie vengono celebrate alle 11 dal card.Poletto nella parrocchia Regina della Pace, in corso Giulio Cesare, nella zona nord di Torino. Prodi non aveva potuto partecipare, il 13 dicembre, ai funerali in Duomo dei primi 4 operai morti, Angelo Laurino, Bruno Santino, Roberto Scola, Antonio
Schiavone, ne' il 19 a quelli della quinta vittima, Rocco Marzo.--/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\--Ho aspettato qualche tempo per produrre un post su questa sciagura, in modo da avere la mente sgombra da interferenze sentimentali, e quindi evitare toni forcaioli, perchè la tragedia di
Torino impone una riflessione al mondo dei lavoratori (sopratutto quelli subordinati) di
drammatica importanza. Gli eventi occorsi alla krupp infatti, se possono essere facilmente
collocati nella ratio del mondo lavorativo italiano, porgono non di meno la possibilità di
tracciare le linee di un ragionamento globale. Alla domanda "perchè siamo finiti a questo
punto?" dunque,od anche " non si poteva evitare questa tragedia?" e compagnia cantando, si può rilanciare con un altra interessante domanda " perchè l'Italia, uno dei paesi del G8, ha un
mercato del lavoro che si mette direttamente in concorrenza con quello terzomondista, con tutte
le conseguenze che ne derivano, a differenza dei partner europei?": la risposta a mio parere
nasconde la spiegazione e guida la decifrazione di diversi eventi che accadono non solo nel
panorama Italiano. Nella storia del pensiero economico/politico c'è chi sostiene che il
capitalismo è la maggiore espressione di sistema economico, quello che produce maggiore
benessere per il maggior numero di persone possibili: miglior sistema non si può trovare,
quindi a tutti gli effetti siamo di fronte alla "fine della storia"; se però si considera essa
un espressione quasi esclusiva dei mutamenti del sostrato economico, Il buon vecchio Marx era
di un altra opinione, ovvero che il Capitalismo avrebbe creato in se i "germi" capaci di
abbatterlo con una lenta agonia involutiva. Lungi da me dirimere una questione così grande,
posso però iniziare a sciogliere un nodo non molto più piccolo, del quale credo si inizi a
vedere apparire la cima del " capo" . Distinguiamo tra capitalismo come idea metafisica e
capitalismo come evoluzione nella storia. Come possiamo definire questo capitalismo odierno? Da dove nasce? Beh.. diciamo che se è superfluo cercare i natali del C. è invece utile trovare il
punto nelle vicende umane in cui ha assunto i "lineamenti" che tutt'ora porta. E quel punto è
la Seconda Guerra Mondiale.Alla fine di essa il mondo libero ha avuto una nuova locomotiva
trainante, gli USA, paese a quel punto molto più ricco degli altri, con in mano debiti di
guerra con cui intimidire ed il possesso, o comunque il controllo, dei combustiili fossili
della metà "libera" del pianeta. Con l'implosione del sistema politico socialista, finisce
"l'adolescenza" di questo C. e come si sa, il mondo adulto è molto meno rose e fiori di quello
dei giovani...Se da una parte la sconfitta del "nemico",funzione storica che tanto necessita per giustificare l'investimento nella sfera degli armamenti, costringe la sfera capitalista a costruirne altri (ma il Comunismo come nemico rimarrà imbattibile) sempre meno convincenti quindi meno "giustificanti", dall'altra la "globalizzazione" porta uno squilibrio in primis logico: tutto
il mondo ora è unito, tutto il mondo è "occidente". E tutto il mondo pretende di crescere
secondo il modello capitalista. Questo modello però in realtà prevede che ci sia sempre un
soggetto forte che guida la domanda e uno debole che produce l'offerta. La declinazione
pratica di questo assunto secondo i dogmi capitalistici vuole anche che la parte trainante la
domanda sia quella con i capitali e sia comunque piccola, mentre l'altra (molto) più povera e
(molto) più grande. Nella fase "adolescenziale" del C. preservare questo meccanismo era più
semplice, dovendo relazionarsi solo con metà pianeta. Aumentati però gli attori sul
palcoscenico, questo si rivela paurosamente piccolo ed angusto. A questa stortura poi se ne
deve aggiungere un altra di una gravità drammatica e decisiva: con tutti questi attori, la
quantità delle merci aumenta vertiginosamente. Aumentando però si svaluta e perde di valore. A questo punto si innnesca un meccanismo disperato al ribasso in cui dei tre fattori che fanno il
suddetto prodotto -materie prime, manodopera, energia- si arriva a pagare solo l'ultimo: ora
l'energia, l'unico tipo che è stata usato sino adesso nella produzione capitalistica, è
derivata dai combustibili fossili, non riproducibile, unica, quindi soggetta essa stessa alle
leggi di mercato ed alle tensioni di chi vuole appropiarsene, oltre ad essere legata alla
facilità di reperimento (oltre una certa difficoltà di reperibilità i costi di estrazione
divengono tali da invalidarne l'utilizzo). A ciò uniamo pure il fatto che quei paesi che sono
"in via di sviluppo" da una vita, ora stanno arrivando ad una fase ulteriore di questa strada,
ovvero la nascita di un loro proprio mercato interno il quale solo per i numeri si avvia ad
essere il più importante al mondo, cosa che generà automaticamente un ulteriore "turbativa" nei prezzi delle merci. Il nuovo scenario quindi è quello di un C. che, lungi dall'essere l'approdo
finale della storia umana, si rivela debole e disequilibrato, incapace di una omeostasi. In una
situazione tale, un misero 0,5% di petrolio in più richiesto da Cina ed India porta a rialzi
incontrollabili dello stesso (il traguardo dei 100$ a barile è a portata di mano), generando
crescite dei prezzi generalizzati per tutti i carburanti in primis e più in generale per tutti
quei prodotti derivati dalla raffinazione degli idrocarburi, con conseguenti rincari nei
trasporti,nella produzione industriale,nel riscaldamento domestico ed in quasi tutti gli altri
settori del vivere civile, con l'approdo finale ad uno scenario di recessione progressiva ed
ineludibile. E' pacifico quindi che in uno scenario macroeconomico di decadenza, la
microeconomia di ogni singolo paese (pure le strutture sociali e politiche come conseguenza, si
potrebbe quasi azzardare) passa in secondo piano e forse oltre. L'affannoso tentativo di tenere
dei prezzi concorrenziali nelle merci fa si che le industrie del primo mondo, siano tutte o
spostate nel terzo, o in luoghi del pianeta dove esistono "isole" di manodopera dal salario
simile. L'italia è uno di questi paesi, come lo sono Slovenia, Bulgaria Romania ecc ( altri
spazi sono da dedicarsi all'analisi di come i rapporti tra questi paesi fondati da interessi
puramente economici creino attriti e storture sociali negli stessi paesi coinvolti ).
Nonostante sia imbattibile la manodopera orientale in quanto a salari, e che quindi l'approdo
ultimo sia il trasferimento di ogni apparato industriale in quei luoghi, altri piccoli "terzi
mondi" sono dei buoni palliativi temporanei. Il nostro paese per esempio è "l'Africa" per la
Thyssencrupp, che qui può permettersi manodopera molto meno costosa che nel proprio paese di origine, la Germania, e soprattutto con molti meno controlli e sicurezze. Qua il padronato può
mettere in conto di limitare al minimo possibile tutti gli "orpelli" non relativi alla
produzione della merce ( quindi alla generazione di profitto), potendo contare sull'omertà di
un sistema di controlli vacuo se non direttamente colluso, che permette quasi sempre al padrone di scamparla liscia a livello di sanzioni ( sopratuttto a livello penale) in caso di incidenti
anche mortali. A questo proposito la lettera ufficiale del Gruppo Thyessenkrupp soprariportata,
se può essere interpretata come segno di disponibilità e di umanità di quella dirigenza da un
lato, dall'altro può disvelare come semplicemente agli stessi costi meno pagare le conseguenze
di un operaio morto che la ristrutturazione delle linee di produzione secondo le norme di legge
vigenti in materia di sicurezza sul lavoro. Senza illusioni affermo cheil capitalismo degli idrocarburi è alla fine.Nell'arco di questo secolo, se non prima, collasserà su se stesso.Per fare ciò però deve prima arrivare al suo punto di rottura e tale momento lo si avrà quando la quasi totalità della produzione industriale sarà concentrata nei paesi in via di sviluppo, dove i parametri di questo tipo di capitalismo possono esprimersi al massimo: costo dei materiali non rilevante, costo del lavoro non rilevante costo dell'energia rilevante. A questo punto, quando la Cina avrà il maggiore potere industriale il maggior mercato interno al mondo unito al PIL con la crescita più alta, i dati anagrafici migliori ed il tipo di governo più efficente,allora l'equilibrio economico mondiale fondato su una elite detta primomondo che vive in una condizione di ricchezza distante ere geologiche da quella anche dei paesi di seconda fascia dovrà rompersi per forza, visto che da un lato il primo mondo ed il terzo mondo "combaceranno" in un solo panorama economico, con una economia quasi totalmente basata sull'esportazione (ma verso quali mercati?), dall'altro perchè i combustibili fossili a quel punto costeranno tanto da rendere ogni produzione industriale sconveniente.Appare quindi chiaro che nel non troppo lungo tragitto che porta a questo punto di non ritorno i paesi ora ricchi dovranno vedere un progressivo impoverimento che nella competizione economica porterà conseguenze logiche, ovvero l'irrigidimento delle forme di stato democratiche fino a divenire (ritornare?) l'emanazione della volontà del padronato e smantellamento della cultura del lavoro, con annessi diritti e salari, operazione questa già sotto gli occhi di tutti. Quello che rimane della classe operaia (e dei lavoratori/precari in genere) deve prendere atto dell'ineluttabilità di questo meccanismo, ed attuare una controffensiva intelligente, non atta a scongiurare questo fenomeno. E' infatti, sotto
quest'ottica, facile spiegare il perchè della perdita progressiva di forza della C.O. in tutto
il mondo occidentale ed in Italia in particolare a partire dagli anni '80: non si tratta di
scelte errate dei sindacati, di cose od interventi sbagliati da esseri umani, quanto di una
naturale deriva del capitalismo del dopoguerra. I sindacati in questo caso hanno fatto il loro
dovere nel migliore dei modi, cercando di adattare i loro modi operativi al cambiamento del
mercato, divenendo organi sempre più politici e legati alla sfera della comunicazione, quindi
perdendo capacità di difesa dei diritti dei propri iscritti a scapito di una contrattazione dei
salari sempre più lunga e difficile: dove esiste un economia di secondiario in forte crescita è
facile distinguere le categorie sullo scacchiere (sindacati, politici, operai, padroni ecc) e
creare una forza d'urto capace di sedersi in posizione di forza ad un tavolo di trattative,
mentre in un economia in decadenza o stagnante gli "orpelli" dei diritti dei lavoratori, della
sicurezza e della dignità sul lavoro vengono inevitabilmente meno, ed anzi accade che l'unica
posizione dei contendenti di questo ipotetico tavolo che venga ritenuta negoziabile sia proprio
quella dei lavoratori, con conseguente erosione delle conquiste precedenti fin tanto che questi
non abbiano una reazione forte ed unitaria ( posto che l'abbiano).Alla domanda "cosa fare
allora?" la risposta è nella parabola del giunco che si piega al vento senza resistergli, e
sopravvive. Quello che deve essere chiaro è che gli attori moderni di questo mondo del lavoro
diventeranno giocoforza nella quasi totalità dei precari, vedranno i loro diritti calpestati ed
i loro salari decurtati: il capitalismo di guerra non sa vedere oltre il proprio naso quindi
oltre brevi e facili profitti, seguiti da chiusure dei luoghi di produzione e successive
ristrutturazioni sempre più tese a massimizzare nel più breve tempo possibile gli utili, a
discapito di tutti, sopratutto delle vite dei lavoratori. La declinazione che questi ultimi
dovranno dunque fare della parabola del giunco riporta ad una primitiva pratica di lotta
operaile, il luddismo: laddove il lavoratore veda chiari segni di disumanizzazione del lavoro
dovrà semplicemente abbandonarlo, facendo in modo che il padrone abbia la scusa per una
inevitabile ristrutturazione in qualche paese "in via di sviluppo" semplicemente distruggendo o
danneggiando il luogo di lavoro. L'unica maniera che è rimasta al lavoratore per poter
rinascere come tale è cessare di esserlo a condizioni non umane. Questa logica parossistica
finchè si vuole avrà piena concretizzazione in un futuro non troppo lontano, così come la
declinazione a tutto tondo nella sfera del vivere civile. La "disobbedienza" infatti, ben lungi
dall'essere la baracconata vessillo oggi degli snob che popolano i centri sociali, è una delle
più profonde manifestazioni dell'intelligenza dell'essere umano e della cultura civile: cio che
è oggi un fastidio domani sarà un sopruso, cio che non possiamo permetterci di pagare non
dobbiamo pagarlo. A questo proposito l'approccio napoletano a questo modo di fare è il miglior
esempio possibile. In una città in cui anche le più elementari forme di diritti civili stentano
o sono negate ( vedasi il diritto all'igiene ), anche i relativi doveri dovranno essere
sospesi.Il concetto del "regicidio" esiste da prima della nascita del mondo industriale ed è
ancora li a sancire l'ineluttabile superiorità dell'intelletto e di un sano spirito di
sopravvivenza su tutto quel castello sovrastrutturale incernierato su due termini-cardine quali
"dovere" ed "obbedienza" che senza una connotazione forte nel tessuto reale di una società
divengono solo strumenti di sopraffazione. I tratti di "superiorità" nei comportamenti che da
sempre sono stati richiesti alla classe operaia ed i lavoratori in genere per potersi
distinguere in meglio dal padronato e quindi potersi sedere in posizione di "ragione" al
tavolo delle trattative, cela il rovescio della medaglia: se bisogna essere al di sopra, ciò
significa che qualcuno è al di sotto, e sotto un comportamento civile da essere umano, c'è solo
l'inciviltà di chi usa una costante, scientifica, dosata violenza contro i propri lavoratori (
le condizioni di lavoro degli autotrasportatori che hanno scioperato dal 10 al 13 dicembre 2007
valga come esempio, così come i turni a cui erano giocoforza costretti i ragazzi stessi della
Thyssenkrupp). Non una violenza esplicita, naturale, primordiale, bensì una forma di sopruso
meno evidente ma altrettanto letale. E Verso il proprio avversario, se esso è contro il vivere
civile e dignitoso di un essere umano, è lecito non avere nessun tipo di riverenza.Quindi gli operai della Thyssenkrupp di Terni non si sentano in colpa ad invalidare il loro
stesso luogo di abiezione, perchè così facendo non porteranno che beneficio ai loro padroni,
permettendo loro una ricollocazione in paesi dove il secondiaro alle condizioni di lavoro
suddette ha ancora un "senso", accellerando l'arrivo del loro comunque inevitabile
licenziamento, salvandosi la salute e, soprattutto, permettendo al sistema-Italia di
velocizzare il meccanismo di trasformazione da economia mista secondiario/terziario ad
economia di prima fascia totalmente devota ai servizi, permettendone quindi l'inevitabile
collasso e la conseguente rinascita. Si spera migliore.

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