Sulla mia espulsione da Travian (lettera ad un Operator)

Salve





Come seconda ed ultima email, da tecnico informatico abilitato e "curioso" della comunicazione ipertestuale, vi voglio consigliare alcune modifche alla struttura di Travian.



La netiquette è una bella abitudine ed è pure caldeggiabile, ma rimane alla prova dei fatti spesso una chimera: un porcello tale rimane anche se gli si puliscono le zampe e gli si mette una bombetta in testa; se si decide di mettere ad un tavolo comune uomini, animali e vegetali è bene valutarne le conseguenze con onestà. Una tigre che veda dall'altra parte del tavolo il nostro maialino (o noi direttamente) non sente ragioni approposito del pasto che sta per uscire dalle cucine; essa salta sul tavolo, nemmeno lo circumnaviga, e si avventa sullo sfortunato suino.



A quel punto gli accorti divideranno i tavoli, metteranno gabbie dove necessario e chiameranno domatori ed esperti in genere, mentre gli stupidi daranno della cattiva alla felina, biasimandola per il suo comportamento: non aveva essa forse firmato una licenza per sedere a quel tavolo, o il segno della zampa sul foglio non è il suo?



Se non volete essere compresi nella seconda categoria, non nascondetevi dietro la foglia di fico di un contratto: un buon social network (travian lo è anche se travestito da online game) ha bisogno di know how e sviluppo intensi, perchè se date la possibilità al giocatore x di vessare il giocatore y con attacchi continui (perchè questo succede, e se no lo sapete ve lo dico ora) senza soluzione se non del genere pindarico, come entrare nella stessa alleanza dell'attaccante (così dagli attacchi di x magari si passa a quelli di z) o farsi praticamente elemosinare soldati dai membri della propria alleanza e poi lasciate che tutti comunichino liberamente con tutti, senza differenziare livelli e sbarramenti...beh a quel punto siete voi in fallo, non il vessato che ha nell'improperio e nella maleducazione l'unica speranza di dissuasione.



Pensare ad un gioco basato sulla conquista e la "guerra" e ricordare che esso è solo un gioco sa di faciloneria come il cane che specchiandosi sull'acqua non volle solo il suo di osso, ma pure quello del suo simile che vedeva davanti a se, e nel ringhiargli li perse "entrambi".



Concludo questa calma invettiva sperando un domani di trovare il mio account sbloccato, ma con l'impossibilità di comunicare con chicchesia, ovvero di scoprirvi equi ed arguti.



Altrimenti da quando leggerete questa mia missiva potrete anche cancellarmi da Travian con la mia completa autorizzazione



Grazie



corollario a "Berlusconiana"





Corollario da aperitivo



E' interessante prendere la vicenda di Alitalia ad esempio per spiegare la logica di comunicazione nell'era Berlusconiana.


Al
di la delle ovvie ma doverose premesse, riassumibili col motto (mi pare
dello stesso Silvio, tra l'altro) "chi è senza peccato scagli la prima
pietra", in cui risulta quasi banale dire della vicenda Alitalia,
forse in questi giorni alla conclusione, che di certo hanno origini e
colpe quasi primordiali le quali ricadono quasi sul cittadino-elettore
come figura astratta, figuriamoci sugli attori di questa buffa farsa,
la domanda più sensata che credo ci si possa fare è " che è successo?",
corretta blandamente da un "che sta succedendo?"


L'asino è già cascato: chi cazzo lo sa per certo, direbbe un rockabilly. Ne ha ben donde (se si scrive così).


Non si sa
per certo, di sicuro cosa
è successo. Prendiamoci a cuore questa faccenda; decidiamo di
ricostruire la cronologia degli eventi, cerchiamo il "copione" di
questo dramma in mille atti,
ricostruiamolo
andando a ritroso o semplicemente usando i nostri sensi; per capire un
Giulietta e Romeo, un Così è (se vi pare), un Gola Profonda, alla fine
della fiera basta aprire occhi e orecchie. Non succederà mai che
Giulietta si scopra lesbica, o faccia dello scambio di coppie con [] .
Se così fosse sarebbe una variazione all'originale, e verrebbe
doverosamente (purtroppo) segnalato. Tutti noi che siamo oramai adulti
e depravati sappiamo le verità della vita oltre le ipocrisie del
benpensare: nessuno si illude più che il lupo sia il carnefice e
cappuccetto rosso la vittima; nessuno si è preso briga di andar ad
intervistare quel povero canide nell'esilio in cui i cacciatori lo
hanno costretto. Quei
gelosi.
La verità la sappiamo da una pietosa lettera misconosciuta dalla nonna
(inutile tentativo di riabilitazione del lupo), la quale chiamava
amabilmente sua nipote
quella ninfomane ,
che il cestino lo portava ogni tanto quel povero animale per bontà
d'animo, mentre Lucrezia, perchè così soavemente si chiamava in realtà
la
bambina, portava le cosciette svelte, un pube immancabilente rasato ed una bocca insaziabile.


E'
agli atti dei processi susseguitesi che nelle ultime ore prima della
caduta della frana al Vajont lo svaso venne regolato non sull' ejezione
massima possibile ma su quella massima sostenibile dalle turbine. In
queste situazioni Pasolini ci prende per mano (quindi attenti dietro)
confessandoci all'orecchio
io so, ultimamente in maniera così costante da far sorgere agli altri dubbi sulla nostra sessualità.


Sono
quindici anni che il sultano di Arcore si staglia nei nostri cieli,
indelebile come la scritta fantozziana, romanamente eretto, millantando
meraviglie sotto il paltò. Con l'ultima tornata elettorale siamo
arrivati al punto assurdo in cui Silvio ha creduto doveroso disvelare
il mondo meravioglioso al dilà delle sue vesti; ci samo trovati quindi
con un re nudo, di genitali pietosamente minuscoli che va
spacconeggiando delle sue leggendarie doti sessuali. La cosa
magnificamente comica è che al
capezzale di cotanta "potenza" si agitano schiere di veline e fedeli i quali, come dice il motto sulle ragazze di Pistoia "fanno a gara a chi lo ingoia", con contorno di complimenti a profusione, lusinghe e finte slogature mandibolari.


Non sappiamo cosa è veramente successo. Sappiamo solo a grandi linee i fatti principali. Chi ha il merito di aver riaperto il tavolo delle trattative?


Nel panorama informativo Berlusconiano siamo forse arrivati oltre il
fall-out
nucleare, dopo il quale non rimango che macerie informi ed un vago
ricordo del loro aspetto originario, ma non di meno capaci di infettare
chi le avvicina.


Siamo passati da un abile gioco mediatico, condito con qualche reatuccio
passabile
tipo turbtiva d'asta, in cui il cavaliere ha pro domo sua ( e con
fondamentali aiuti di mirabili politici come Mastella ) mandato
all'aria le trattative con Air France in previsione elettorale, al
plauso per il "patriottismo" dimostrato con tale furberia. A breve giro
di posta una
sporca dozzina di imprenditori italiani con a capo lo specchiato Colaninno, ovvero un insieme di furbetti dalle tasche piene di pagherò è diventata una cordata industriale e, dulcis in fundo,
un contratto che fa rima con ricatto è stato imposto alle sigle
sindacali: a questo punto il corpus compatto della dialettica
comunicativa che ha imperversato per oltre un lustro mostra la prima
crepa, in concomitanza con una prova di realtà
pura come una contrattazione sindacale.


Tale
pratica umana si deve de facto svolgere nelle migliori condizioni
psicologiche possibili, e chi nel braccio di ferro valuta di avere i
muscoli meno prestanti, deve giocoforza utilizzare tutti i trucchi che
l'estro personale gli dona. A tale proposito è illuminante come il
premier abbia inteso aprire il tavolo di confronto. "se salterà tutto
sarà colpa dei soliti sindacati politicizzati". Viene all'intelletto
subito che un esternazione a piena emitezza in un momento così delicato
non è frutto di
dementia,
quanto del bisogno irreprimibile di alimentare un infinito clima da
campagna elettorale, in cui, alla maniera del cannibale Mercx, non
basta vincere il tour, il giro e la vuelta, ma è
prioritario vincere anche OGNI tappa. A costo di doppare
la propria squadra e cambiare a proprio vantaggio le regole della
competizione. Che poi la competizione perda prestigio e decada a
divertissement del più forte è ragionamento da non palesare nemmeno.


Peccato
che se il panorama politico è stato il primo ad essere mutato dalle
radiazioni delle "atomiche" manipulite e Berlusconi, divenendo qualcosa
su cui è totalmente inutile soffermarsi, specialmente a sinistra,
d'altro lato tali deflagrazioni hanno annientato gli equilibri
dell'informazione, trasformando il complesso ma equo gioco al controllo
(tutto sponde e rinterzi) tra poteri ed informazione in un patetico
servizio di posta come nel film di Kevin Costner, in cui i postini
possono anche essere un milione, ma non sanno mai veramente dove
andare, ne hanno la possibilità di arrivare in tempo, figurarsi se
hanno idea di cosa portano.


Spenta la tv, per ovvi motivi già
vagliati, e aprendo una Republica, poi un Corriere poi qualunque altro
giornale, si ha come la sensazione che raccontino quasi sempre,
soprattutto sotto il peso di eventi importanti, almeno tre Italie
differenti: quella di Silvio ( a volte di destra), quella di sinistra
e quella che se ne frega.


L'approdo della trattattiva su
Alitalia è la massima dimostrazione di contaminazione politico
mediatica, in cui un imbelle, ma meglio sarebe dire imbecille Veltroni
prova a tirare l'acqua al suo mulino sughettando con una cannuccia dal
mare dell'informazione, appena in tempo per finire cannibalizzato dalla
solita trappola messa li per stanare un leader
dappoco e portare consensi verso Arcore grazie ad una vicenda nebbiosa come una palude di notte.


In
tutte queste macerie però, non bisogna dimenticare che gli italiani,
come sorci ineliminabili, vivono ed anzi hanno trovato già il modo per
proliferare: a tal proposito i mille sondaggi che silvio ordina
mensilmente rivelano il suo gradimento al 73%, ovvero che l'italiano
è soddisfatto del premier che ha. Interessante sarebbe chiedersi, convenuto che l'Italia è Silvio, se Sivio è l'Italia. Se ce ne fregasse qualcosa...


Berlusconiana

SE Berlusconi= televisione E Berlusconi=italia => L'italia è una Repubblica televisiva. Silvio si affaccia sul mondo della politica in un momento, "manipulite", in cui un coacervo disomogeneo di sentimenti attraversano l'italiano medio: si passava in un lampo da confusione, rancore, sconcerto a rabbia e forse gioia (in molti si ricorderanno le monetine contro Craxi). Genialmente il Cavaliere sfrutta quest'onda di cambiamento messa in moto dai tanto vituperati (dopo) giudici di Milano, per impadronirsi degli spazi vuoti che si erano giocoforza creati. A ben vedere una manna del cielo che permetteva a Silvio di entrare in politica con un insperata piena legittimazione data "sulla fiducia", conquistata, tramite il cortocircuito logico della disperazione (degli elettori), del "tanto peggio, tanto meglio", grazie a meriti extra-politici, che, colmo di fortuna, in quel periodo al mercato-Italia venivano cambiati al doppio, quasi al triplo di quelli politici. Ecco quindi che la figura dell'"homo novus", dell'"imprenditore "che si è fatto da solo", del magnate che suo malgrado deve abbandonare, rimettendoci, i suoi affari per amor patrio, acquisisce un assegno "in bianco" da parte degli elettori. Silvio era quindi nella situazione fortunatissima di politico "per dovere" che cavalca il destriero mai sopito dalle nostre parti dell' antipolitica, con i mezzi mediatici appropriati per riscrivere pro domo sua le regole comunicative della campagna elettorale alle porte della stessa, e senza chiedere permesso all'unico concorrente rimastogli, ovvero l'unico partito della vecchia guardia ancora rimasta in piedi, il PDS. E' come se, disposte le pedine sullo scacchiere, lo sfidante del campione decidesse di colpo di cambiare e di sua sponte disponesse dalla sua parte dei puffi. Un azzardo, a ben pensare: un pubblico smaliziato da anni di roventi battaglie scacchistiche, arbitri compresi, si sarebbero potuti fare delle grasse risate di quel buffo ometto che a 60 anni suonati ancora faceva la collezione degli esserini blu... e magari avrebbero potuto chiedergli un curriculum, per vedere se avesse avuto la statura per ambire al ruolo di Presidente del Consiglio. Solo che in quei tempi l'ultimo campione era scappato con le pedine e qualche altro suppellettile, quindi dalla sua parte si sedeva l'ultimo scacchista onesto rimasto, tale Achille Occhetto, di cui si sapevano i pregi ma anche che alla fin fine non aveva mai avuto scores brillanti, tanto da non accorgersi in questo caso che il suo sfidante gli aveva tirato, tra un puffo inventore ed una puffetta, un tranello subdolo ma efficace...diabolico. Il pubblico infatti, stordito da furti fughe ed arresti, non si era accorge che la scacchiera non è stata rubata, perchè alla fin fine le regole ed il campo di battaglia le decidono gli elettori; non accorgendosene, però, e sentendosi defraudato, accoglie altresì il munifico soccorso del Cavaliere, il quale prontamente fornisce una bella scacchiera nuova fiammante: bellissima si, ma a ben vedere, non del tutto identica alla precedente... Fuor di metafora (anche se i puffi mi piacciono), nel vuoto di significato generato da manipulite immediatamente prima delle elezioni del 1994, Silvio, grazie ai suoi potenti mezzi di editore inietta i suoi valori nel tessuto "connettivo" dell'informazione: un coacervo non troppo omogeneo (ma nel campo della persuasione si tratta di sottigliezze) composto da famiglia, patria, religione, ottimismo, lavoro ... e chi più ne ha più ne puffi. Ovviamente per chiudere il cerchio bisognava oltre alla carota, far sentire pure il bastone. A tal proposito Berlusconi estrae un coniglio formidabile dal cilindro: il comunismo. Occhetto si sarebbe dovuto accorgere di qualcosa nel vedere la sua parte della scacchiera bianca e rossa, ma la cronaca di quei giorni è anche la cronaca di una miopia che rasenta la cecità, di una vittoria certa del PDS che tra sottovalutazioni ed eccessi di sicurezza si trasforma in una inspiegabile debacle. Silvio aveva semplicemente e neppure troppo implicitamente dato un "aut aut": dopo di me la tempesta. Comunista. Semplicemente egli aveva fatto scivolare sotto le nuche degli italiani la sua versione della storia patria, in cui la colpa di tutto era del comunismo e dei comunisti. Detto, questo "tutto", sia chiaro, tra i denti, velocemente, proprio come farebbe una massaia che dice la sua sbrigandosi, tra un lavoro ed un altro, perchè non ha tempo da perdere in chiacchiere. Nel "nuovo" modo di comunicare inaugurato in Italia dal Cavaliere un giudizio pesantissimo era tirato li senza troppi soppesamenti "data la gravita del momento", seguito un attimo dopo da un sorriso ed una battuta; vitalità ed ottimismo, energia e nerbo corroborati da una ghigna sempre con l'espressione del "fidatevi di me, so quel che faccio" concimavano il campo del consenso. La situazione era talmente sottosopra che le pubbliche dichiarazioni di voto in diretta tv elargite a più riprese dai VIP che a vario titolo lavoravano in Mediaset ( emblematiche quelle della Mondaini e di Vianello), lungi dall'apparire una umiliante mobbing (chi si rifiutava o faceva a proprio rischio e pericolo, vedasi la vicenda di Corrado Tedeschi), serviva invece a convincere tutto un elettorato che altrimenti se ne sarebbe rimasto a casa. Anni di ponzi pilatismi sull'assetto radio-telvisivo italiano, che era ed ancora è un monstrum, in special modo se paragonato agli esempi degli altri paesi del G8, con contorno di lottizzazioni, spartizioni, lassismi ed inciuci, portano ad un omologazione assoluta tra reti pubbliche e private, in cui queste ultime hanno più capitali e meno regole e le atre dietro a seguire e copiare, nella paura di perdere audience e quindi introiti; oltre a questo il concentrare gli sforzi editoriali sollo sulla materia televisiva porta a sua volta ad una curiosa ed inquietante identificazione italia-tv, in cui quest'ultimo, il pianeta catodico, sembra fare uno sforzo immane per essere il più uguale a se stesso ed omogeneo possibile, esito che lascia in apparenza la sola alternativa praticabile nell'anti berlusconismo (vedasi Guzzanti e Santoro), già ampiamente prevista e sfruttata dal Cavaliere stesso. In questo meccanismo radio e giornali divengono quasi sollazzi per feticisti. Naturale che qualcuno prima o poi arrivasse a mietere, pro domo sua, questa irresistibile messe di "pensiero unico". Berlusconi, appunto. Egli, in un escalation irresistibile, riscrive dunque le regole quel tanto che basta per renderle "Silvio approved", definisce i buoni e stigmatizza i cattivi sotto l'omnicomprensiva definizione di comunisti, e tramite questa "moral suasion" compie l'ultima trasformazione comunicativa, che sa quasi di trionfo: egli infatti, autoproclamatosi "salvatore", apre le porte della sua arca, la quale più si riempie più lo rende credibile; quando la credibilità è a dei livelli accettabili (ma forse lo avrebbe fatto lo stesso), grazie sempre alla sua "facoltosità" mediatica, completa il cortocircuito logico per il quale le sue regole divengono "le " regole, come se lo fossero sempre state. L'arca quindi diventa l'Italia, le elezioni uno spettacolo e gli italiani gli spettatori. A questo punto, ovviamente, tali regole del gioco si stringono a mo di cappio: essendo "l'arca" proprietà del Cavaliere, proprio come quando si va in casa altrui, egli impone, pena il bollino di "comunisti", il suo "decalogo", non più regole del gioco ma vera e propria weltanshauung. Un pò Noè un pò Mosè. E' stuzzicante notare che tutto questo avviene ad un piano solo comunicativo, giocando sui livelli inconsci di paura e speranza, costruendo ad arte panorami rassicuranti e cartoline da mulino bianco, o all'occorrenza cieli grigi e immagini di disperazione, all'uopo del momento. Non siamo veramente su un arca e Il Cavaliere non è un Santo. L'unica cosa che è veramente cambiata e di cui non ci rendiamo conto, è che l'Italia crede di riflettersi allo specchio mentre invece si sta guardando in uno schermo catodico. Questa incrinatura porta ad una nuova cosmogonia di storture e sclerotismi (le leggi del disincanto cercano di descriverne una parte sul lato delle relazioni sociali), uno di quali è che, a livello di comunicazione politica, si dice quello che si appare, ovvero il contenuto di quel che si dice è legittimato solo dal contenente e dal consenso che esso riesce a muovere su quello che si è appena detto hic et nunc. Si prenda ad esempio la squadra "femminile" di ministri al governo. Leggerne i curricula fa in alcuni casi ridere o rabbrividire, a seconda degli stomaci. Il Vostro un giorno ha visto una foto delle quattro ministre, ed ha capito che la vera credenziale non sono più gli studi eccellenti o una fulminea scalata politica, ma l'occhio azzurro piuttosto che verde: dove McCain in America punta su Sarah Pallin per la sua aria verace, da mastino, la sua freschezza "giovanile", i suoi (presunti) exploit da governatrice dell'Alaska, la solida famiglia accanto ecc, nel belpaese Berlusconi punta su Mara Carfagna, il curriculum della quale si trova facilmente digitando il suo nome su google. Quello che vedrete diviso in 12 scatti, uno per ogni mese, è invece il calendario della signorina in questione. Discinto ma non troppo, perchè come l'On Carfagna disse, "credo in certi valori". Ovvio che quando questa simpatica ministra firma una legge sulla prostituzione, l'ironia ci salti addosso con un sorriso. Se da un lato la "discesa in campo" di Berlusconi ha portato ad un salutare, e ripeto salutare svecchiamento della comunicazione politica, il suo permanere come unico politico possibile ed unico editore reale, un pater familia accentratore ed insitente, è equivalso ad una cancrena per lo stesso tessuto comunicativo comune, cha dal lontano 1994 vive in un cortocircuito tra realtà e finzione arcoriana che metastatizza la putrefazione a tutto il nostro tessuto sociale, tanto che si può liberamente fare un vertiginoso salto logico ed incrociare politica, sesso, costume e veline, in quanto tutti questi aspetti, e pure tutti gli altri vivono della luce del tubo catodico, senza la quale non hanno ragion d'essere, o hanno la ragione degli emarginati: vedasi a tal proposito la situazione dei magistrati e del potere giudiziario, l'ultimo rimasto indipendente, che per loro stessa natura non possono accedere "moto proprio" alla ribalta mediatica, e quindi sono condannati al silenzio della loro vocazione, ed a porgere continuamente l'altra guancia agli attacchi quasi quotidiani che subiscono da Cavaliere&Co. Ecco perchè, quando vedo una tedesca liberamente in topless, dopo aver graditamente esaminato le sue poppe ed eventualmente dato sfogo ai corpi cavernosi, penso che nel suo sano paese, se si accende la tv senza pagare nulla, si vedono pochi canali molto, molto sobri, di pubblica utilità: nient'altro. E lo stesso vale per una inglese una francese e persino una russa. Quando invece vedo un italiana rigirarsi in mille maniere su un lettino per togliersi le righe bianche del costume dietro la schiena, ma senza fare vedere "completamente" il seno, quando vedo una milanese correre nervosa sulla battima con un costume tirato dentro le natiche allo spasmo, 2 auricolari e lo sguardo da corazziera, ragazzine con top minuscoli e slip improbabili che coprono il minimo indispensabile alla salvaguardia del buon gusto...ecco in quei momenti penso a Berlusconi.

Di "Veline" e politica

Commentare "Veline" ha dato a me ed a Fist un piccolo brivido lungo l'astio. Lungi da noi la semplice trita constatazione di un evidenza condita con i soliti epiteti maschilisti, lo stupore nasce dal trovarci un attimo dopo entrambi, come se nulla fosse, immersi in un discorso politico. Si, perchè l'ultima fatica di Antonio Ricci trova senso solo se spiegata rivoltando come un calzino il " Paese-Italia". Per parlare di "Veline" e delle veline bisogna parlare di Berlusconi. Un bel paragone potrebbe fare al caso nostro, in modo da tirare i nodi al pettine; l'unico programma che mi ricordi abbastanza simile e vicino nel tempo è "Non è la rai" di Boncompagni. Ovvio e sacrosanto che qualcuno, leggendo di un post che si svilupperà in una contesa tra siffatti attanti, preferisca alzare il coperchio del WC e fissare quel che c'è sotto. Capisco ed anzi prometto che vengo anche io dopo aver finito qui. Allora, "Veline" Vs "Non è la rai" 1- perchè?- perchè sono li quelle tipe? Nel caso A (Veline), per partecipare ad un concorso, una selezione; nel caso B (Non è la rai), per intrattenere divertendosi (loro si divertono, il publico si diverte). 2-chi?- chi sono costoro? A: ragazze maggiorenni; B: Ogni età, potenzialmente. In maggioranza ragazzine adolescenti, ma anche ragazzi qualche bambino e qualche adulto 3-quale target? A: per tutti in teoria, ma in realtà per un pubblico maturo; B: per tutti, se si ricorda come passava dalle telefonate dei bambini a quelle delle nonne.
"Non è la rai" era infatti nient'altro che un "contenitore", ovvero un "live show"con spazi che nascevano e si consolidavano solo se sorretti dal gradimento del pubblico, stessa regola valida per i suoi"protagonisti". Chiaro che l'aspirazione a diventare la protagonista spremeva il "pepe" fuori dalle aspiranti primedonne. Vitale notare che questa sotterranea competizione veniva stuzzicata in un clima molto regolamentato e controllato: le ragazze infatti erano ineluttabilmente "in divisa", divisa che poco cambiava tra le "star" e le altre. Ciò è comprensibile considerando che NELR era un programma "all age". Ovvio che se "all age" vuol dire tutte le età, iniziamo a comprendere su quale fascia si posava il "pepe" macinato dal meccanismo competitivo. La trovata era così riuscita che il clima pudico e stolidamente adolescenziale della trasmissione rendeva le boutades sessuelles molto più veraci. Così il giocare con i centimetri di un costume in modo da scoprire un gluteo che si sapeva più sodo delle altre appariva come una brezza pruriginosa, audace, ma mai sporca, soprattutto slegata dal reale interesse di guadagnare i favori della telecamera, magari in maniera stabile. Chiaro che le lepidezze scatenate da NELR non erano e non sono digeribili a ragion veduta; mi ricordo una volta in cui nel clima di gioioso pandemonio che regnava in quel contenitore pomeridiano, 3 o 4 di quelle sgallettate, contando su dei costumi interi ridotti e su delle natiche belle alte, decisero di mettersi a scodinzolare in piscina all'unisono per quelle che furono forse 4 inquadrature. Un mio amico aveva registrato la puntata. Fu la prima volta che trovammo qualcosa di più gustoso di un porno per le nostre priapesche fantasie. In questo calderone adolescenziale quindi il bambino telefonava sperando di poter parlare con X e vincere il premio, mentre la nonna aspettava il cruciverba....ed il nonno invece qualche inquadratura a bordo vasca. Un programma per tutte le età, quindi. Smontando i colorati e chiassosi meccanismi di quella trasmissione si sarebbe facilmente arrivati alla mente di un autore televisivo, Boncopagni per la precisione, in quanto il suo "gioiello" aveva i modi, i"codici" di un prodotto autoriale, e la levigatezza ed efficacia nei meccanismi di cui solo un buon autore è capace: NELR infatti divenne un fenomeno, una moda con messaggio incorporato, un significante, ma anche più banalmente un universo totalmente autonomo che trovava legittimazione e linfa in se stesso, ovvero nei dati Auditel di gradimento (non ricordo a tal proposito di aver mai visto ospiti, sempre rari comunque, al di fuori della sfera dello spettacolo, come giornalisti o politici).
In "Veline" invece assistiamo ad un concorso con delle regole e dei giudici. Già a questo punto la distanza col programma di Boncompagni dovrebbe apparire segnata. Il concorso è "faceto" in un clima in cui è ammessa solo la facezia ( in NELR non erano inusuali esplosioni di pianto e momenti di commozione, anzi spesso "guidati"), ed il divertimento è ad ogni costo e con ogni mezzo che il comune senso del pudore permette alle 20 di sera. Un tot numero di ragazzine molto poco vestite si producono in "stacchetti" che poi verrano giudicati e votati da un apposita giuria super partes composta da improvvisati giudici scelti senza troppo badare ad eventuali "curricola" tra vari ambiti professionali. La prescelta che passerà il turno farà poi semifinali, finali e quant'altro...sino a diventare, se ne avrà le peculiarità, velina. O meglio a poter lavorare come Velina. Appunto lo spacchettare il brand-velina e tirarne fuori i meccanismi illumina meglio della lanterna di Diogene. La differenza tra NELR e "Veline" è di quelle microniche...ma fondamentali, infatti. La "bimba" di Boncompagni era pagata, si noti bene pagata, per fare la comparsa in un contenitore pomeridiano, quindi fondamentalmente se decideva di attirare di più l'attenzione in qualche maniera ciò era da leggere sub specie eternitatis: forse in futuro si sarebbero ricordati di quel culetto così tondo, forse quell'occhio da gatta l'avrebbe fatta notare a qualcuno; nell' immediato però ogni iniziativa personale era puramente gratuita e non preventivata, tanto che ad un certo punto (come accennerò in seguito) gli atteggiamenti troppo provocanti vennero censurati e quindi eliminati. La maggiorenne di "Veline" invece non è pagata: partecipa (forse) con un rimborso spese alle selezioni. Non guadagna ora, ma non importa: l'impotante è esserci, farsi vedere, bucare lo schermo. In questo senso l'ammonimento decubertiano è perfettamente seguito. Se infatti il concorso recita che i posti in palio per quel lavoro sono 2, è pacifico che colei che sia più capace di rubare l'attenzione della telecamera troverà gualmente il modo di entrare nel mondo dorato dello spettacolo. Lunedì sera in quel di Ripafratta davanti ad una pizza io ed i ragazzi della band abbiamo assistito a come una mora intendeva bucarlo, lo schermo: il tastierista non riusciva a credere possibile che non venisse considerata in costume invece che vestita, tanto quello che aveva addosso era minimale. Due sere dopo io invece mi sono imbattuto in scenette da backstage in cui le aspiranti show girls, durante i provini, venivano interrogate su argomenti di cultura generale: alla risposta grottesca, o al silenzio imbarazzato, corrispondeva scroscio di risate. Umiliante...ma Parigi val bene la dignità, specialmente se di quest'ultima non si sa che farsene. Al di là di facili e triti moralismi, è fondamentale notare come il meccanismo del concorso, ovvero della scoperta competizione, porti alla valutazione del premio in palio, del "campo di battaglia" e dell'avversario, quindi alla scelta delle armi migliori. Come scegliere quest'ultime in relazione al ruolo di comparsa fulminea, seminuda ed ammiccante, la velina, appunto? E' astuto presentarsi preparate sulle chiare fresche e dolci acque del Petrarca differenziando l'offerta dalle solte tette&culi, o forse è meglio omologarsi, cercando solo di variare le quantità di carni scoperte? Banalmente, senza ulteriori ghirigori logici si arriva alla conclusione che laddove nel programma di Boncompagni si chiedeva (di massima) alle ragazzine di stare li e divertirsi sotto le telecamere, in quello di Ricci si fa competere un intera generazione di squinzie a colpi (bassi) di intimità malcelate e\o in trasparenza. Allargando la focale del nostro astioso obiettivo, possiamo cercare di cogliere un altro ultimo fattore di differenza che ci porterà di colpo nel cuore del discorso. NELR, da questa distanza infatti appare un programma di chiaro stampo "autoriale", un contenitore che in primis è un divertissement del proprio autore, come già accennato prima; ed il meccanismo in quella trasmissione era tanto funzionante che egli stesso ad un certo punto decise di cambiare la formula e scegliere il conduttore tra le fila delle proprie girls: Ambra, nella fattispececie una ragazzina mora petulante e bruttina. Era un modo per salpare l'ultimo ormeggio e lanciare l'ultima irriverente sfida; NELR non aveva bisogno di nessuno esterno a NERL stesso, perchè NERL era un perfetto organismo autoreferenziale ed autosufficente che avrebbe saputo trovare in se le risorse per alimentare il suo successo. A questa sfida ne venne aggiunta un altra, togliendo piscine varie e quindi ammiccamenti e fuoriuscite "involontarie" di carni. Sarebbe riuscito a sopravvivere il programma a questi scossoni? Boncompagni vinse la sfida, e la sua "creatura" chiuse solo anni dopo. Vi immaginate "Veline" con le aspiranti completamente coperte, magari in jeans? O senza la "giuria" che è li per legittimare un concorso senza quasi regole, quindi molto liberista, che si combatte sul limite del sequestro per oltraggio al pudore? Senza inutili ( e dopo vedremo perchè inutili) moralismi, per capire la natura di "Veline" però bisogna aprire ulteriormente la focale, ed anzi posare propio l'ottica: "Veline" racconta dell'Italia infatti, molto più efficacemente di un quotidiano (e di questo blog meschino). Posiamo il binocolo dunque. Che vediamo? Una generazione di 18enni che, lungi dal Vostro additare come schiava del mito del calciatore e della Costa Smeralda, semplicemente partecipa ad una gara d'appalto. L'appalto in gara è il posto da velina, il requisito è uno solo: la fica. Alt. Qualcuno sente delle risonanze industrialote nelle mie parole? liberismo....gara d'appalto... iniziamo a vedere i contorni della costa, credo. Per farvi scomparire la nebbia mattutina dai suoi monti vi ridomando per l'ennesima volta a trabocchetto: Come mai "Veline", visto che siamo in fascia protetta alle 20, non viene denunciata alla commissione di vigilanza et indi chiusa o quantomeno sanzionata? Di più: come mai ai tempi il programma di Bomcompagni venne sommerso di critiche (la mossa-Ambra servì anche come risposta ed esse), pur non esistendo allora gli organi di controllo odierni ed il concetto di "difesa dei più piccoli" in tv, e dovette auto-regolarsi, direi quasi auto-censurarsi, mentre quello di Ricci veleggia indisturbato nella fascia oraria "verde", quella più protetta di tutte? Cosa è cambiato da allora a ad oggi? Bene, i contorni che vedete sono quelli della bedda Sicilia. Eccoci, preparate il mezzomarinaio. Allora c'era un editore, tanto per svelare l'arcano, Tale Sivio Berlusconi, un autore, di cui già sappiamo il nome, e al di sopra tutte le autorità di controllo dell'epoca...risalendo di potere in potere fino ad arrivare al padrone del vapore, il Presidente del Consiglio. Oggi esso è un tale di nome On. Silvio Berlusconi, che ha potere di nomina dell'authority delle telecomunicazioni, la quale vigila strettamente su quello che fanno gli editori televisivi, il più potente dei quali e quel tale Silvio Berlusconi di cui avevo brevemente accennato prima. Come avrete finalmente capito siamo all'approdo. Tirate le gomene d'attracco: per parlare di Veline bisogna parlare del Cavaliere.

Vademecum del chatterista

Sorciniiiii!
Viva la fica, tanto per cominciare
Bene, oltre al Prae scriptum faceto bisogna aggiungerne uno serio, una captatio in cui premetto di essere io per primo un chat-dipendente, di non riuscire a farne a meno, di aver toccato ogni tipo di fondo telematico ed a volte di toccarlo ancora. Quindi so di cosa parlo e non me ne lavo assolutamente le mani.
Conoscendo dunque bene il letamaio della web-community mi voglio permettere di stilare uno scherzoso, a tratti sentenzioso ma soprattutto astioso vademecum.
Per principiare intanto tiriamo la qualche assunto a mo di pugnalata nelle terga.
Il modo per vivere in maniera sana la chat è viverla pochissimo – E si, la chat è un modo per aumentare il proprio bacino di conoscenze che altrimenti, per la maggioranza almeno si limiterebbe agli abitanti della propria città, al massimo della propria provincia. I rapporti necessitano di conoscenza e la conoscenza di frequentazione. Quella elettronica è un accettabile surrogato di quella reale. Al di là di questo però, la sua utilità si esaurisce.
Il modo per vivere in maniera sana la chat è viverla come se non ci fosse – se la chat serve ad ampliare il proprio bacino d'utenza et indi le nostre “possibilità” , per far si che esse siano veramente tali bisogna che, agganciato il pesce all'amo, poi si richiami la lenza: se già tirare su il pescato e ributtarlo in mare (dicasi “pesca sportiva”) sa di crudeltà, il farsi tirare amo, lenza, canna, starlights e pescatore tutto in acqua sa di ridicolo, e comunque inutile. Il Sarago va mangiato, il “chatter” incontrato (e mangiato, se non risulti indigesto).
...Ad onor del vero questo Vademecum potrebbe finire anche qua. Si perchè la “magia” della chat è talmente povera e banale che le 2 regole sopraenunciate bastano e avanzano come stelle polari per orientarsi nella notte elettronica.
Mi si obietterà che i due assiomi da me partoriti (nel dolore) sono banali, travianti e completamente indifferenti alle sfaccettature del “web-comunicare”. Giusto. Delle cosiddette sfaccettature si può parlare in maniera faceta; ed è l'unica maniera sensata. Bisogna rendersi conto che, se le profondità caleidoscopiche del chattare possono essere golose per chi studia psicologia, per tutto il resto del mondo la chat e l'”instant messanging” dovrebbe essere qualcosa di analogo ad un videotelefono, ma decisamente meno costoso.
Ovviamente col condizionale si aprono le porte del pantano telematico.
La distanza, la forbice tra teoria e pratica è infatti immensa, tale che quasi non si parla della stessa cosa. E questo in ragione della sostanza e delle possibilità tecniche, quelle presunte soprattutto, che distanziano internet ed il suo “interfacciarsi” da tutti i mezzi precedenti tanto quanto il teletrasporto dalla biga.
Sul web si gode di un anonimato sostanzialmente assoluto, combinazione di privacy vera e propria e di convenienze calcolate. Un anonimato coperto da una naturale comoda omertà che si trasforma in impunità quasi sempre ( non credo che un malato mentale che si spaccia per trans senza esserlo riceverà mai la visita della polizia postale per aver rubato foto di un transessuale vero da spacciare come proprie, e per truffa ai danni del povero lurido triste porco che voleva fare giochetti con un ladyboy e che lo avrebbe dovuto denunciare. Chi vuole la patente ufficiale di “povero lurido triste porco”, eccetto me?); gli esempi del contrario, di chi si ribella sono circoscritti di solito a reati odiosi come la pedopornografia e sopratutto non singoli ma cumulativi, con un trend di vendita (che genera visibilità e rintracciabilità), dei consumatori , dei “produttori” e delle vittime innocenti. I casi in cui la denuncia parte da tizio contro caio sono rarissimi come le perle di Labuan; non troppo tempo fa un padre, nel cogliere la propria figlia, una 15enne, nell'atto di spogliarsi davanti una webcam, sporse denuncia (credo) per circonvenzione di incapace verso lo “spettatore” dall'altra parte del monitor. Un particolare però va espresso, di fondamentale importanza: questo coraggioso papà è mussulmano. In quasi tutte le altre occasioni in cui si ripetano scene simili e non ci sia l'etica fortissima dell'Islam a indicare torti e chiedere riparazioni, il genitore che scopra la propria prole indaffarata col proprio organo sessuale contro un obbiettivo digitale conclude che ha generato una zoccola/un pipparolo, conclusione seguita a volte da punizioni educative, quasi mani da denuncie.
Seriamente parlando, l'analisi dei meccanismi di fuga, spersonalizzazione e proiezione del proprio SE nella volta inane di internet è ben descritto in ogni trattato che parli della I.A.D. (internet addiction disorder :
http://www.dipendenze.com/nuovedipendenze/internet.asp per una breve ma esauriente spiegazione - il Vostro è radiografato perfettamente al punto sette). In questa sede mi voglio limitare ad indicare come fondamentale la comparazione tra l'uso smodato della rete e l'assunzione di sostanze psicotrope. Per comprendere decentemente i meccanismi dell' internettista e del chatterista in particolare, è infatti fondamentale affiancare alle furbizie dell'anonimato e dell'impunità, l'enorme leva fatta dal piacere, che i “successi” raccolti su internet ci danno e ci amplificano.
Questo coacervo di meccanismi si fonde dunque sprigionando un Big Bang multimediale che genera un vero e proprio universo parallelo in cui, come in un famoso gioco online, si vive una seconda vita.
Considerando le due regole espresse all'inizio, però, risulta chiaro come sia impossibile, declinando quei due comandamenti, finire col vivere un esistenza virtuale.
Da ciò se ne deduce in primis come siano veramente pochi quelli che vivono il web in modo sano, et in secundis come la “second life” suddetta sia una lunga e dolorosa bugia che non genera niente di buono se non per i proprietari dei supporti informatici dove essa si svolge ed i loro sponsor.
Approposito delle vite parallele, dunque, sia detto quanto segue:
A- niente illusioni, please -ricollegandosi a quanto esposto sulla I.A.D. nel sito sopraindicato, ed alle mie tesi esposte con le “leggi del disincanto”, chi spende energie nel costruirsi un mondo virtuale, è perchè ha qualche problema nel vivere quello reale. Tradotto: poste le dovute miracolistiche eccezioni, le principesse non lo accendono il pc, mentre la baraccopoli degli scarti è sempre connessa. E chattante. Di più: sempre con le dovute rare eccezioni, in chat non si trova nessuno di completamente sano. State sicuri/e che un difetto, nel 90% fisico, tale da averlo fatto precipitare negli “scarti”, lo si scova sempre.
O forse è la volta che il rospo fortunello ha trovato la principessa.
B – dato il punto A, se ne deduce che
B1 – Non sperate nel sesso. Riconduciamoci per un attimo al parallelo internet/sostanze psicotrope. Un effetto noto e forte di queste sostanze è quello dell'abbattimento del desiderio sessuale. Le pulsioni sessuali sono legate alla carnalità, quindi quando questa viene narcotizzata e rimane solo una mente protesa al Web, le possibilità di suscitare un interesse che vada al di là del mondo virtuale è quasi nulla.
Entrate in una chat che permetta di costruirsi un profilo: ora guardate bene i tempi e le abitudini; chi ha un profilo da più di un anno e sopratuttto entra regolarmente in chat per almeno un ora al giorno è probabile che sia già affetto da I.A.D. A questo punto decidete se quel bel tipo/a vi piace lo stesso e se ci volete provare liberi di farlo, ma dimenticatevi ogni possibile coinvolgimento reale: il “cyber sex” per quella persona è quello vero e rispetto ad esso ha la stessa importanza, se non di più , ma senza i noiosi inconvenienti di una frequentazione reale. Oppps! Volevo dire fisica. ^__^
B1 comma2 – siate accorti (abbiate culo). I più svegli di voi già avranno letto il rovescio della medaglia nel ragionamento di cui sopra: se i tempi sono direttamente proporzionali ai guai, nel web ed in chat in particolare, una persona che è dentro da poco e che comunque non sta dentro a giornate sane forse è abbordabile, con buona speranza di successo. Vero, bravi. Il Vostro ha avuto gli ultimi incontri con chatteriste proprio attingendo da questo ristretto bacino. Ovviamente anche altri indizi rivelatori di compulsività varie sono senza dubbio da tenere d'occhio, per primi i “feticismi grafici”: una ragazza che usa il telefono per procurarsi incontri lo terrà forse pulito, ma non si curerà dell'aspetto del telefono stesso mai quanto della sua perfetta efficienza, semmai, in quanto esso è uno strumento. Il giorno che vedrete una cornetta intarsiata di diamanti o con fini disegni all' uniposca sopra (ma vogliamo parlare dei pendagli che si illuminano quando il cellulare squilla?), saprete che siete di fronte o ad una grande artista, o ad una disperata feticista che vive la sua vita con un orecchio alla cornetta, sempre sul divano come il suo gatto. Che la schifa. Alla stessa maniera un profilo con una foto, anche una sola, e poche righe scritte raccontano di una persona che ha poco tempo da perdere con il “ricamo” digitale probabilmente perchè il suo mondo reale lo coinvolge più di quello virtuale, e quindi è un ottimo bersaglio. Pensate che in una famosa chat sono arrivati a coniare il titolo di “chat fidanzato/a” e di “chat sposi”! Bleah!
B1 commma3 – no amicizia? No party!- evitate come la peste coloro che “vogliono solo fare quattro chiacchiere”. “non vogliono contatti in privato”,” vogliono solo farsi amicizie”,”Sono qui solo per stare un po' con gli “amici”. Potrei citare il famoso programma della De Filippi ed ironizzare su come quei ragazzi siano tutto meno che “amici”. E convivono “tete a tete” per mesi. L'amicizia è un sentimento profondo, sottile e nobile che si nutre piano piano, di giorno in giorno con la frequentazione ed il confronto; quest'ultimo è talmente importante che anche quando scade nello scontro non fa che fortificare la pianta del rapporto amicale. Che razza di bonsai mal in arnese potrà nascere e crescere in un ambiente come quello delle chat in cui se la conversazione minimamente non ci aggrada più possiamo scomparire, bloccare chi non ci va a genio o rientrare completamente sotto altre “spoglie” un attimo dopo, come se nulla fosse? Il manto ipocrita dell'amicizia nasconde l'estremo rifiuto della sfera sentimental/sessuale: chi si nasconde sotto quella corta coperta, difficilmente offrirà qualcosa di più profondo di una pletoria di facete banalità sempre sincerandosi di essere sotto gli occhi di tutti.
C - al primo incontro il contatore torna a “zero” - bisogna considerare ogni primo incontro come se fosse alla cieca. Mai appoggiarsi a “prove” come foto o webcam, perchè l'incontro avviene nel mondo reale e , superate tutte le intemperie di quello telematico, ora dovrete affrontare quelle vere, e sopratutto i giudizi, il feeling a pelle...quindi la super-bionda che avete visto in foto potrebbe dimostrare 10 anni di più o avere una tale miriade di difetti inimmaginabili che vi faranno freddare all'istante, mentre il moro bonazzo potrebbe risultare un emerito fesso dal vivo.
C1- chi si accontenta gode – mettiamoci l'anima in pace: esame di coscienza e sguardo allo specchio; se siamo come il poster che prima nascondeva il vetro, allora lanciamoci senza tanti timori all'attacco di quella puledra mozzafiato che ci fa morire; se non possediamo ne poster ne specchio, ma sopratutto ce ne fottiamo, molto meglio, vuol dire che abbiamo raggiunto il Nirvana e crediamo nei nostri mezzi. E per la puledra di prima non c'è scampo...In tutti quei casi in cui subentrino “se”, “ma”,”forse” e un gran numero di calcoli, sarà il caso di “abbassare la cresta” ed entrare nell'ottica che la gamba storta non è un peccato, la chiappa bassina pure e l'occhiale “a fondo di bottiglia” (qui oso citarmi, modestamente) non è sinonimo di figli ciechi. Ricordiamoci sempre che la chat non è un isola felice, ma solo un riflesso opaco del mondo reale. Esempio: proviamo ad entrare in una di esse con tanto di foto (non troppo nostre) “ad hoc”, nei panni di una gran figa, e vedrete come una moltitudine di ratti, senza pudori di sorta, si lancerà in commenti pesanti ed in corteggiamenti mirabili nella loro breve chiarezza; ora uscite e rientrate fingendovi un cesso (spero dobbiate fingere), e vedrete come su di voi tanti scaricheranno le loro frustrazioni. Senza tirare la catena.
D(ulcis in fundo) - le chat vanno sfruttate – una chat non moderata è un porto di mare dei peggiori o la più lurida bettola in città. Quindi se vi va di scorreggiare, fatelo: siete nel posto giusto! Guardate una chat, osservatela, soppesatela, leggetene le regole e poi guardate fin dove potete spingervi. Un luogo dove ogni volta che entrate non venga richiesto un qualche tipo di documento è proprio quello in cui potete entrare, liberare tutte le goliardate che avete in mente finchè non venite presi e buttati fuori, per poi rientrare con un paio di baffi finti e ripartire da capo. Sine cura.
L'unico limite che vi consiglio di darvi è quello della vostra etica ( dire coscienza mi intimorisce) e buon secondo quello dato dalla consapevolezza che ogni tanto nel suddetto luogo si trova il metronotte. Raro come la neve d'Agosto, ma succede. Le storielle di quegli arresti che ci fanno sbottare sicuri “a me non succederà mai!” sono grottesche, ma mai quanto quelle del tizio che pur conoscendole diceva con tanta sicumera “ a me non succederà mai!”. E finì in manette.
Quindi nella piena consapevolezza di quel che fate, godetevi le meraviglie del web-pantano.
Per raccontarne un ultima ed anche delle meno sugose ( è finita l'estate, bisogna mettersi a dieta!), accadde che il Vostro in una chat di quart'ordine agganciasse un fesso spacciandosi per una nota modella (notissima nel web, si badi bene!), facendosi addirittura chiamare sul cellulare
“pronto, ciao, sono...” fa una voce impostata, da macho
“si chi è?” risponde calma una la voce maschile del Vostro
“ehm..eh, sono x” palleggia a fatica il gancio, tirando un nome a caso
“mi scusi ma...chi le ha dato questo numero?”
“eeee... y.. una mia amica”
“ah. Siccome anche mia figlia si chiama y...ed è senza cellulare..forse inizio a capire”
“eh si infatti...mi scusi comunque mi scusi ...” incantato sul mi scusi come un disco rotto a cui va sempre più via la voce.
“ no si figuri...avevo parlato chiaro a y su questa cosa..vabè me la vedrò con lei stasera”
“..scusi, mi scusi,mi scusi... ah ..ok..eeee.. devo cancellare il suo numero?”
“preferirei, grazie” chiudo lapidario. Mai più sentito. La sera stessa il mio “alter ego” Y lo contattò dispiaciuta per l'equivoco, pronta a profonde scuse, ma X, vero gentiluomo, fu splendidamente comprensivo. Alla fine miss Y e gonzo X fecero pure la pace – torna sempre comoda un amica fica ^_^

letterina PRO-Padania

Caro Presidente

Salve

Sono un umile lavoratore stagionale toscano. La stagione di cui parlo è ovviamente quella estiva.Perchè le scrivo questa missiva elettronica?Beh, se intanto le indico in quale località lavoro, già i conti dovrebbero iniziare a tornare: Forte dei Marmi.Credo che il "curriculum" di questa ridente cittadina non sia da menzionare. Ormai il Forte è un "brand".Ecco, arivo velocemente al punto.D'estate, regolarmente, senza tema di smentita, questo scorcio di litorale si riempie di ogni sorta di turisti; la maggior parte di essi, quasi la assoluta maggioranza ( non è blasfemo ipotizzare una percentuale del 70% sul totale dei vacanzieri), sono suoi corregionali...o per semplificare, quantomeno "padani".La mia richiesta, umilmente formulata e senza obbligo di replica, è che lei col suo indubbio potere e carisma, faccia opera di dissausione; la prego questo inverno di pubblicizzare i bellissimi alpeggi piemontesi, le dolomiti, le bellissime città d'arte del sttentrione, i ridenti lidi romagnoli...o tutto quello che di bello offre la porzione di territorio al di là del Pò.La prego inoltre di dissuadere la sua popolazione a uscire dai confini padani e scendere in Italia.Ed anzi, la scongiuro di fare controinformazione ed evidenziare od inventarsi difetti: la boria toscana, la sciatteria marchigiana, la malafede campana... e chi più ne ha... Si inventi di tutto, pure disservizi dove magari neppure esistono i relativi servizi.Quale gioia per un "nativo" toscano come me sarebbe quella di vedere vendere le case di proprietà "padana" e liberare quindi dalla vostra presenza l'Italia, o almeno la mia parte di essa, i miei posti, fosse anche solo parzialmente.Si, avremo dei contraccolpi durissimi e si, siamo noi che abbiamo bisogno di voi, dei vostri "danè", non il contrario.Tutto vero.Ciò nonostante preferisco avere una doppia razione di russi e slavi in genere, che non capiscono una parola di italiano e due di inglese, piuttosto che avere anche un solo padano sui monti e le spiaggie della mia nazione.Preferisco mangiare la polvere che addentare il vostro pane.Spero di non averla tediata troppo, e altresì spero che terrà di conto le mie richieste

Rispettosamente, un italiano.

leggi del disincanto #2

regole del disincanto
assioma 2- Brutto vuole bello -
Lungi da me esporre esempi di una semplicità e di una chiarezza disarmante, ma che potrebbero non poco offendere i personaggi in essi coinvolti, principierò con delle considerazioni di carattere generale e non troppo legate tra loro. E forse ci continuerò pure.
La bellezza, non essendo un concetto univoco ed anzi essendo essa estremamente legata alle variabili ambientali e temporali, si comporta proprio come una merce: ciò che è detto, ritenuto, dichiarato bello...si vende sempre.
Ovvio che le suddette variabili non sono di natura caotica o randomica, o, se anche lo fossero, quanto meno hanno degli "attrattori" che permettono di coagulare i gusti, quindi anche di creare una domanda ben strutturata, "fruttuosa", e distinguere, quindi, fare la "classifica" di "gradimento" tra le varie bellezze; ecco così che un ottimo Coltrane d'annata si vende poco, costa (relativamente) poco e si scarica (poco anche in questo caso) dalla rete, mentre il calendario di questa tizia piuttosto che di quell'altra va a ruba . Fare confronti tra la fica ed il sax non è molto ortodosso, ma, visto che ambedue vengono "venduti" in edicola, nel mondo che io ritengo normale ed in cui mi piacerebbe snobbescamente vivere, il tizio x che passi sotto la tettoia di una buona edicola fornita tutta vetri non troppo puliti e scaffali verde garden, con qualche lira di troppo in tasca, che occhieggia distratto finchè non vede dietro un vetro ascentions incellophanato in un a4 e dirimpetto l'ennesima scosciata della Moric, dovrebbe godersi le foto abilmente elaborate e l'erezione che ne consegue girandosi l'ammiccante mensile di turno tra le mani -di solito le foto tirate li a mò di amo non si limitano alla copertina, parola di esperto- , ma, quando si fosse spenta la fugace fantasia del solito amplesso punitivo, la scelta cadrebbe sul Coltrane impacchettato.
Alla fine un monitor 17'' basta per visualizzare la fica in maniera soddisfacente no?
No.
E' un MP3 che semmai basta -e avanza- per ascoltarsi un palloso jazzista. O chiunque altro. Vuoi mettere un bell'A3 o un formato grande da mettersi davanti ai lombi e da centrare?? Ma scherziamo??
Si, ad onor del vero sto scherzando: difficilmente la Moric e le sue colleghe avranno dirimpetto niente di diverso da guide tv, pruriginosi settimanali o direttamente del porno.
Ecco spiegato perchè le veline e le loro epigone fanno vacanze da sogno e vite di raso, mentre per svangarla con una musica che non sia men che banale bisogna avere un bel faccino, la voce d'angelo, i modi di un pretino di provincia e suonare acustico al piano brevi melodie delicate. Ovviamente una storia di studi intensi, genio, impegno un pizzico di faccia tosta e tanta, tanta tenacia: Dio, che bello! Il figlio che ogni madre vorrebbe ed il sogno di ogni suocera. Stupenda un intervista a questo "santo" (ovviamente elido il nome) in qualche programma per giovinastri: domande tragiche fatte da una "maturona" truccata con l'aerografo che non sà più distinguere tra un cazzo, un braccio ed un gambo di tavolino.
"Ok Andrea, ho capito, ma, senza farla tanto lunga, basta che tu non compri nessun calendario naked, così la smetti di dare soldi a queste tipe ed alimentare un mercato che aborri".
Eccolo, finalmente, il punto!
Se queste tipe (e questi tipi) vivono alla grande,o comunque vivono della loro estetica, è perchè qualcuno la compra. Costoro non hanno nessuna colpa, fanno di un dono il loro sostentamento tale e quale a un pittore che faccia ritratti a carboncino; ed anzi, non possono totalizzare più introiti e devono limitarsi nello sfruttare le loro effimere risorse, unicamente per non urtare la sensibilità della curia, che chiude bonariamente un occhio e quasi due a volte, ma solo se la cappa di strane ipocrite regole non scritte, chiamata "decoro", viene rispettata. O se chi non la rispetta ha il potere per zittire la C.E.I. nel mentre che ricuce lo "strappo" ( Montezemolo preso nudo sulla tolda del suo yacht è un buon esempio).
Ma tutto questo sarebbe, ed è, noiosa botanica, macroeconomia dell'estetica di consumo.
La banalità finisce, o quantomeno, spero, si riduce, se dal macro passiamo al micro.
Come influisce questo insieme di regole, questo ambiente sulle nostre vite, sulla costruzione dei nostri rapporti interpersonali?
Intanto, statuiamo che influisce. Anche il più grande Nietzche del 2000 vive in questa epoca, e quando esce di casa vede schiere di ragazzine con pantaloni che coprono solo sino alle ginocchia e perizomi fucsia che ridono dei suoi baffoni impomatati. O forse non ridono affatto, ed anzi gradiscono la stravaganza... e di colpo il nostro filosofo si trova un numero di cellulare in mano, un paio di occhietti pieni di sottintesi addosso, seduto sul treno che porta a breve giro di posta verso il sesso orale- ma questa è un altra storia...
Viviamo in questo mondo e ne assorbiamo i modi ed essi cambiano noi molto più di quanto noi non si faccia con loro. La vecchietta 70enne passa dallo scappare bambina dalle bombe alleate all'imparare l'uso del cellulare. Lo odia, non ne capisce che i rudimenti, ne ha sempre fatto a meno, è una spesa inutile ma MA...deve averlo. Cel'hanno tutti, fa parte nella vita di tutti, è diventato indispensabile perchè è comodo e così figlio e nuora sono a distanza di una telefonata.
il "pensiero unico" di cui tanto si teorizza l'esistenza ed i termini, altro non è che un misto micidiale ed opprimente di banalità e conformismo. Qui cadiamo tutti o quasi, e comunque con esso dobbiamo interfacciarci, volenti o nolenti, pena l'isolamento.
Il problema, è che, a mio modesto parere, questi due agenti di trasformazione sopraindicati hanno un deleterio effetto sulla sensibilità del singolo al bello: visto che la bellezza è un opinione un concetto e visto che è anche free ed opensource, è complesso, solo parzialmente user friendly e quindi fatalmente soggetto ad ogni possibile tipo di attrattori, tra i quali svettano quasi solitari il gatto conformismo e la volpe banalità (torna come persona ma gli accostamenti risultano più felici se incrociati). Ecco che assieme al pensiero unico viene rilasciato un concetto di bellezza in licenza gratuita ma che non possiamo in nessun modo modificare, e sul quale abbiamo un influsso minimo, ovvero solo quello di consumer: se mi va bene, bene, altrimenti mi attacco.
Sarebbe come a dire che la bellezza "più bella" ed il luogo migliore dove discuterne è FreeBsd: efficiente, elegante, e, dove non lo fosse, si ha la possibilità di modificarlo a nostro piacimento -basta imparare a farlo-, mentre il 90% del mondo vive nell'universo windows: semplicissimo, quasi banale, abbastanza elegante, sufficientemente efficiente. Ma precotto.
Se voglio una modifica nel mondo unix semplicemente me la faccio, e\o chiedo delucidazioni al mondo degli sviluppatori\utenti. Se voglio una modifica nel mondo windows devo fare Gates di cognome. O commettere un reato di contraffazione.
Fuori dalla metafora informatica, è pacifico che, se il nostro "spettro" di assorbimento del bello si riduce, ne rimane solo la parte più facile da percepire, ovvero 90-60-90, l'addominale scolpito, l'occhio azzurro e gli zigomi levigati...o quello che ci viene dettato come bello dall' "establishment", grazie al bombardamento pubblicitario che non fa altro che abusare della porzione di spettro rimasta, riducendola ulteriormente.
E' curioso e tragico allo stesso tempo vedere come l'opera degli "attrattori" porti tutti, tutti i giovani senza distinzione di sesso ad abbigliarsi alla stessa maniera: quello che era definito casual è ora frainteso con una cosmogonia di piccoli stili (hip hop, house, techno, leather ecc ) che si vorrebbero nuovi e freschi e che invece portano ad un omologazione disarmante.
Il marketing (geniale, bisogna ammetterlo) di queste aziende ha oramai coperto l'intero mercato dell'apparire, ma, lungi dall'ammorbarlo, deprimerlo e quindi creare una risposta che genera un cambiamento, grazie al "regime" di pensiero unico esse hanno creato un brand di ferro, inattaccabile e che anzi, proprio perchè brand, può dettare le sue regole.
Perchè mettersi una scarpa A, quando la nostra [ vedasi marca qualsiasi ] è li a poco prezzo? Esistono i saldi ed addirittura abbiamo inventato gli Outlet per farti permettere di vestirti a prezzi bassissimi, quasi da furto.
Se non vuoi metterti quello che ti propongono fior fior di stilisti è una tua scelta precisa e consapevole. Se non sei con noi sei fuori, esclusa/o.
Per verificare la potenza di questi comandamenti basta vedere quante tipe che davvero non possono permetterselo si mettono jeans attillatissimi e a vita bassa, proprio come le altre. Come tutti gli altri.
Facile arrivare a concludere che, in un insieme omologativo, tutte\i vogliono tutte\i il più "bello" di quell'insieme (il difficile, dall'esterno,semmai, è notare delle differenze).
Ancora più interessante, direi divertente, o meglio direi degradante, è vedere come chi, per indole, per timidezza, per esperienza (traumatizzante), per insicurezza o quant'altro, si chiama fuori dal brand. Chi si toglie da sotto le grandi ali rassicuranti del conformismo si ritrova in una dura terra di nessuno, popolata di suoi simili che, troppo spesso putroppo, sono stati spinti ad una tale diaspora loro malgrado. Non raccontiamocela: ci vuole fegato, o incoscienza per vestirsi in una certa maniera pur essendo una culona, e non tutte cel'hanno: eh si, come quello che cel'ha piccino e piccino se lo tiene, così la bimba che già in età preadolescenziale ha la cellulite...senza qualche miracolo in età puberale, dovrà portarsi addosso qualcosa giudicato non troppo dissimile dalla gobba di Quasimodo. Con la differenza che costui, essendo uomo, può sempre spacciarsi per "un tipo"....
Il peso di un giudizio negativo veritiero ma rude, frettoloso, non si scrolla ammantandosi di una qualche tipo di cultura e dicendosi così di avere fatto il primo passo per reagire: se così fosse saremmo nel paese dell'Eldorado, dove chiunque vive bene.. basta che abbia voglia di cercare. Si vive invece in un sistema in cui ad una metà di integrati, si contrappone una metà di apocalittici, che nel 90% dei casi lo sono loro malgrado e, anche se non hanno il coraggio di ammetterlo, sono a tutti gli effetti degli scartati (ovviamente dalla prima categoria) per inadeguatezza o quant'altro e da tali, ovvero da scartati, si comportano, palesando un atteggiamento facilmente aggressivo, sempre sulla difensiva, sospettoso al limite del paranoico, quasi fossero dei soldatini con un moschettone incepposo sempre in prima linea.
La cosa divertente da notare che essi non sono realmente degli scarti, altrimenti ogni Oscar Pistorius si dovrebbe suicidare, bensì si sentono tali e interiormente sono d'accordo con la loro bocciatura, perchè, nel profondo, essi vorrebbero essere come gli altri (integrati), condividendone il modus vivendi e la weltanschauung. Il riconoscere il sistema "integrazionista" come l'unico valido e non come uno dei tanti, lungi dal portare ad una nuova consapevolezza tramite una riflessione lunga, dolorosa, ma liberatoria, dona solo recriminazione ed abiezione. In primis, e spesso senza un secundis, da se stessi verso se stessi: una perfetta sindrome di Stoccolma.
Pacifico quindi che in una situazione di tal fatta, le capacità di autovalutazione, ma mi verrebbe da dire semplicemente l'onestà, è gravemente compromessa, quindi, ogni Quasimodo\a, che abbia avuto la fortuna o no di accorgersi della propria deformità, punta indefessamente ad Angelina Jolie\Brad Pitt...a volte con più tenacia degli stessi integrati: nessuno scarto vuole uno scarto, nessuno vuole avere davanti un\a fallito\a che gli ricordi il proprio personale fallimento. Ecco quindi che, nella discarica degli esclusi non si vede come nei film accendere fuochi e ritrovarsi attorno ad un bidone ( io accendere un fuoco?? sforzarmi e sporcarmi, così poi Brad quando verrà a prendermi-perchè verrà, oh se verrà, brutti invidiosi- non mi troverà in tutto il mio splendore. Sforzarmi e sporcarmi per chi poi? per vedere delle brutte facce attorno al mio fuoco?? Braddd, Braaddd, mio principe azzurro, ti prego vieni presto, non ce la faccio più a resistere in mezzo a questi meschini buzzurri! ), bensì si vive come tante piccole "M.me Bovary" nell'astio e nella recriminazione, in un continuo homo homini lupus, generato dall'illusione della prossima salvezza portata dal principe integrato di turno e alimentato dal disgusto della vicinanza reciproca.
Così si passano gli anni pensando alle magnifiche sorti e progressive che ci aspettano, puntando il "bello" o la "bella" di turno sempre da lontanissimo, sicuri che la forza della nostra attrattiva sia irresistibile e scavalchi banalità come le presentazioni, la frequentazione ed altre pitocchierie simili...ed invecchiando, sempre più convinti dell'ineluttabilità del proprio futuro successo e sempre un passo più distanti dal palco dove si susseguono i nostri futuri "amanti", costruendosi attorno niente se non conoscenze, amicizie che sono null'altro che vaghe frequentazioni, buone per ingannare l'attesa del nostro trionfo, aborrendo come peste qualunque legame con i propri simili che sia diverso da un uscita o un aperitivo: senza impegno e quando va bene a noi.
Ovviamente questa regola generalissima si coniuga meglio o peggio a seconda della concreta realtà sottostante: così la tipa lambda, quasi vergine nella propria cittadina, trova nel cambio di posto e magari nelle dimensioni maggiori di una metropoli un gradimento insperato, ovvero da scarto diviene tipo- ed i tipi, si sa, hanno un loro bel gradimento...
Si miei cari, meschini lettori: in questa tragica, astiosa landa brulla e disadorna i rapporti interpersonali sono all'insegna della vaghezza e della pura superficialità che come un rampicante mirabilmente cresce nutrendosi di indifferenza e si espande senza paura di essere contrastato. Poi quando l'ormone urge e la luce emanata naturalmente dal principe azzurro ci fa accorgere che quello scarto che abbiamo di fronte tanto scarto non è...ecco che nascono le più tragiche ed impacciate storie di corteggiamento tra inferiori, tutte mezze parole, mezzi sguardi, mezzi saluti, frasi e confessioni fatte a terzi che arrivano di bocca in bocca trasformate in barzellette spassose, sempre incapaci di rompere il ghiaccio e (quasi) sempre destinate ad un imbarazzato naufragio.
Ancora più divertenti (ma da affrontarsi separatamente) sono le storie degli accoppiamenti tra scarti, o meglio ancora quelle mitologiche tra scarti e principi azzurri; si cari lettori, perchè ogni tanto anche le principesse e le fate turchine si ubriacano e dimentiche della bacchetta magica si introduco nelle interiora direttamente i rospi, che festeggiano come se avessero fatto 52 al totocalcio.
Vorrei tanto lasciarvi con un lieto fine cari sorcini, ma un lieto fine vuol dire tornare a vestire casual sapendo cosa voglia dire casual: casuale; aprire quindi un armadio e mettersi quasi quello che capita, non disdegnare la felpa grigia e non pensare che si ha un guardaroba demodè perchè l'arancione è il nuovo nero. Salutare chi si ha voglia di salutare senza calcoli, guardare quella col culo scolpito e anche quella che proprio scolpito non lo ha. Andar girando in città senza essere fermati per colpa della pelle troppo scura, delle vesti troppo povere e della mountain bike troppo sgarrupata da agenti in borghese. Con la Lacoste.

5ago-per una padania libera

Per quanto dal 1861 l'Italia sia una Nazione, non di meno saltano agli occhi delle differenze macroscopiche nei genotipi, o fenotipi. O semplicemente nei tipi. La piena turistica che caratterizza il periodo estivo sui nostri litorali acuisce all'occhio attento (ma soprattutto astioso) le differenze "etniche". Siamo ancora nel territorio delle banalità affermando che un paese come gli USA ha affrontato problemi di integrazione di scala nettamente superiore a quelli dei partners europei, italiani in particolare. E' pacifico considerare che è più difficile l'ntegrazione tra uno schiavo africano un irlandese ed un italiano, tanto per fare un esempio, piuttosto che tra un veneto ed un napoletano. Sbagliato. Qui viene in mio soccorso l'esperienza, il vissuto. E risaputo che io amo ammantare i miei comenti meschini ed in malafede con una patina di distacco analitico, quasi scientifico: fumo negli occhi per nascondere la mia risaputa meschinità e malafede. Ma le gobbe prima o poi saltano fuori dal paltò, quindi è bene giocare a carte scoperte. Nei secoli chi si è visto immigrare gente in casa ha sempre storto il naso. Da un altro punto di vista (ancora + malenko) il ricco si chiede di fronte all'immigrato sine pecunia "ma chi è che l'è questo terun'?!". Già. Nord=siùr, Sud=terùn. Perchè non l'inverso? Dove c'è ricchezza c'è "nord", ovvio. Pacifico concludere che il progresso quindi si misura col pil ed il benessere col reddito. Sbagliato di nuovo. La cultura, ma non solo quella alta...il latinorum se mi è concessa la citazione (dito medio a chi dice no, tanto il blog è mio), bensì quella che filtra fino ai plebei e diventa il savoir vivre caratteristico di un popolo, a parer mio deve essere rivalutata. Dall'atteggiamento di un ceppo etnico, regionale o semplicemente cittadino, dal minimo comune denominatore delle sue usanze e dei suoi vezzi si deducono tante informazioni interessanti. Ed una conclusione sorprendente. Parlavo di esperienza, di vissuto. avete mai provato a vivere una stagione estiva a Forte dei Marmi? Si lo so, per i puri di cuore e d'intelletto così come per i meschini più incarogniti il verbo "vivere" riferito al contesto di cui sopra è inappropriato: non si può godere un estate al Forte senza l'incapacità totale di intendere e soprattutto di volere, magari indotta da pesanti dosi di antidepressivi, ansiolitici, oppiacei e loro simili. O fucili a pompa con tanto di canne mozze, corredo di munizioni gratis e genocidio depenalizzato. Sono quattro mesi che il vostro gobbuto agente segreto zero-zero-astio spia in GRAN segreto la vita, i discorsi, i modi e la fisiognomica dei "padani" qui in alta, altissima Versilia.Non tanto per scelta quanto perchè compongono circa l'80% dei vacanzieri. Ore nascosto dentro gli ombrelloni e sotto le sdraio mi hanno portato con GRANDISSIMO rammarico a questa scoperta dolorosa. I padani sono evolutivamente inferiori. No, aspetta che lo ripeto meglio. I padani sono evolutivamente inferiori. Inferiori, si.Coi soldi si, ma più vicini degli italiani alle scimmie. Come mai parlare con un napoletano\a o frequentarli, un siciliano idem, mi dà meno problemi di comunicazione? Perchè ci trovo subitamente un certo numero di affinità elettive, foss'anche una sola? L'intuizione definitiva l'ho avuta guardando le femmine padane. Sono quasi tutte alte e snelle. Delle fiche, quindi? Si, almeno una metà si ma...un gradimento minore, una piacenza di qualità diversa. Certe bionde lombarde le ho trovate più simili alle russe che alle italiane. Ecco il punto. L'intuizione si fa parola (astiosa): quella bellezza è più rozza, primitiva. Una terra che ha subito nei secoli mille stupri, ha avuto mille conquistatori e padroni è anche una terra che ha mischiato sangue a sangue, creando per un certo, strano verso sia bizzarre conbinazioni estetiche, sia vere e proprie bellezze. Così Francesca Chillemi, siciliana e miss Italia 2003 a confronto con Cristina Chiabotto, altra miss ma piemontese, sfoggia si una "teoria" delle misure decisamente inferiore, mentre alla prova del look stravince a man bassa. Basta il volto: l'una quando sorride buca lo schermo e fa bucare gli slip, l'altra...fa sorridere. Idem una ragazzina di 16 anni che è al mi bagno, della quale non riuscivo a capire cosa non mi attirasse, visto che è magrolina,si, ma alta, bionda, piedi decenti e seno scolpito da Giotto, finche non ha deciso un giorno di mettermisi a 2 metri sulla destra e scoprirle, quelle gemelle sode, gli occhi negli occhi; in quel caso ho capito meglio dove sta la rozzezza: quella bimba è, come tante sue compari lùmbard, una accozzaglia di parti anatomiche; c'è una ricchezza di coscie tette culi perfetti al nord, ma il rude Po sa solo mettere il tutto assieme. Niente labor limae. In questo caso, come in altri simili la mia reazione è del tutto gonadica. Erano anni che non avevo a distanza di scalpo due antennine ritte ed in fiore sul pizzo di due colline marmoree. La belva ha subito gonfiato il collo e urlato di andare li e dimostrarle nel silenzio rovente dell'atto priapico, con una robusta pioggia fertile, il mio gradimento. E' una delle poche volte in cui concordo col mio cazzo che l'omaggio di una sega sia l'unica strada percorribile, o meglio, l'unica che si è certi verrà compresa inequivocabilmente. Se non si vogliono delle testimonianze solo fisiche, quelle che coinvolgono la sfera comunicativa sono ancora più stuzzicanti. Un giorno una "mamma" del mio bagno, tanto per discutere (come se mi fosse andato di interrompere il bel silenzio che avevo attorno), si è messa a raccontarmi di come l'anno prima i giochi dei suoi due bambini (tantissimi, ovunque, la metà sempre rigorosamente a giro -parlo dei balocchi, ovviamente) non fossero contrassegnati con i nomi scritti a pennarello :-" e ma poi sa l'ho dovuto fare per forza quando un camion di Leonardo-ma sa,bello grosso eh!- per un giorno che non c'eravamo e non l'avevamo riposto è finito chissà come in mano ad un bimbo di un altra tenda; e sa, gliel'abbiamo anche chiesto dove l'aveva trovato, se per caso non e di mio figlio ma niente, diceva solo "è mio è mio" quindi..." bla bla bla. Mi immaginavo la scena di una 40enne che fa il quarto grado ad un poppante. Solo una milanese può pensare che abbia un senso e che sia lusinghiero raccontare una tale cazzata. Un altra volta ancora entrando nel mio solito parco al mattino, mi sono imbattuto nel simpatico volto aggressivo e pronto allo scatto di un pitbull. Senza guinzaglio. Senza museruola. Con una coppia di padroni che alla mia richiesta di un giusto paramento ha risposto nella persona del maritino con un "guardi ma il cane non è cattivo"; alla mia obiezione composta ("e se decide di colpo di esserlo?") seguita dall'indicazione di un cartello grosso così di fianco all'entrata ("cani solo se al guinzaglio"), ha pensato bene di rispondermi invece la mogliettina, con alla briglia un labrador da 4 megatoni "uff, eccole le ferie; ma cavolo, siamo solo noi due e te...proprio a noi devi rompere le palle?". Quando due passi dopo ho capito che quella simpatica considerazione tutta in seconda persona non era verso il marito ma verso me ho reso la pariglia; tornatene a fare i bocchini in piazza San Babila è stata una zingara conclusione allegra. Al di la delle singole boutades, posso asserire che il dialogo tra me e loro, lungi dall'essersi mai instaurato, è bensì stato subitamente frustrato come chi, munito di tamburo, cerchi di comunicare con un sordo che conosce solo il morse. Un minimo protocollo di comunicazione impone una base comune. Se si escludono i discorsi precotti sul tempo e lo stato del mare ("è mosso? posso prendere il patino? ci sono le meduse? come mai ha il bego grosso il doppio di mio marito? Giangi, corri! Vieni a vedere che minchia che c'ha questo! Sembra quello di tuo cugino Umberto!), quando si va a costruire un ipotetica o a far seguire più di un periodo subordinato ad uno principale, cala il buio. Non parliamo di citazioni, fosse anche un film del Banfi storico. Banalmente, in tutto questo tempo di monitoring, di ascolto dissimulato, a volte più semplicemente forzato, inevitabile, solo di recente ho colto una chiave grossa, forse la più grossa, che marca la differenza evolutiva. Mille discorsi, anche allegri, pieni di risa e mai la punta di una battuta vera, di un guizzo dello spirito, di un frizzo o di un lazzo. Tutto un "ho fatto\comprato\detto questo quando ero in quel posto -esclusivo- e tizio invece quell'altro e io gli ho detto "ma dai! Non vedi che se fai\compri\dici quella cosa la..."e, minchia, sono arrivata\o tre giorni prima\ho speso 4 volte meno!". Risate. Ironia, questa sconosciuta. La stessa sensazione che ho avuto nelle lunghe telefonate con una veneta by chat prima del fatidico incontro che ho fatto in modo di far saltare: nessuna ironia. No, non autoironia...figuriamoci.Diovolesse. Sono 4 mesi che vegeto al bagno Alex e ancora non ho sentito fare una, UNA battuta ironica. Lo stacco con quasi tutti i miei amici dalla toscana in giù è agghiacciante. Per non parlare della proprietà di linguaggio che ho scoperto in una ragazzina -chatter di solo 18 anni- della provincia campana: magari gli intoppi sui congiuntivi si equivalgono lungo lo stivale, la capacità di piegare le parole, anche le più semplici, alla volontà -ma meglio sarebbe dire alla voluttà- di un immagine, invece, assolutamente no. Tutta una massa di banali ovvietà e meschinamente astiose generalizzazioni, si obbieterà: concordo -ma non mi arrendo. Il punto è che dalla troia con il pitbull fino all'Umberto nazionale, al Nord, o meglio, nella Padania, serpeggia il malcontento per una nazione con la n minuscola, l'Italia, che quella vera, l'unico autentico popolo, quello nordico, i lùmbard...i Padani, insomma, devono sobbarcarsi sulle mai dome spalle. Ecco la mia proposta, dunque. La stupenda Padania, bella ariana e forte, smetta pure di caricarsi il peso di questa italietta. Già i malfidati romani ai tempi antichi non avevano voluto annettere immantinente la gallia cispadana alla piena cittadinanza romana. che meschineria: ingrati. E' giusto che il popolo al di là del Pò vada verso il suo magnifico futuro da solo. Vai Lombardia, apri le ali...salta...spicca il volo. E vaffanculo. Prego chiunque legga questo blog risentito, se mai capitasse un altro referendum sulla secessione, ma anche sul federalismo Bossi style, di votare SI . Il Signore volesse che ci si liberi finalmente di quei macachi.

letterina d'amore N°2

Salve, si ricorda di me? Sono il bagnino occhialuto che venerdì venne per una maglietta ed un K-way. Ecco. Non so il suo nome signorina, ma le sue forme mi si sono stampate sui testicoli. Che da quel giorno si sono mesi a produrre spermatozoi ad un ritmo doppio del normale. il mio [ grosso ] cazzo ha tirato fuori i denti e non si fa più avvicinare. Vuole solo lei. Siccome mentre parlavamo venerdì è arrossita signorina, forse perchè ha intuito la mia natura animale e vorace...o forse solo perchè non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue bellissime tette, si prepari: al massimo mercoledì prossimo, o comunque entro la settimana mi farò vivo. La guarderò come chi è una settimana che ha i testicoli in produzione accellerata ma non ha potuto liberarsi dal desiderio. La fisserò. Poi mi calerò i pantaloncini da mare ed esibirò il mio apparato riproduttivo. Perbene...finchè la puzza dei miei genitali non le avrà riempito l'ufficio. Poi ancora fissandola mi metterò ad orinare. Piscerò per terra e sui suoi piedini. Poi forse mi risveglierò e scapperò terrorizzato da cosa mi fa fare la mia bestia interiore. O forse mi avvicinerò. Pronto a tutto. Se non vuole scocciature e scandali, mi dica lei il giorno in cui posso trovarla come venerdì, sola soletta, o un altro luogo ed un altro posto. Non intendo crearle grane. Non mi diverto a esibirmi sozzamente in pubblico. Il suo rigoglio però, la sua femminilità mi hanno accecato...ed hanno meso in moto la bestia,cosa forse peggiore. Se migliore....vedremo. spero capirai ed acconsentirai, bella femmina. Suo, demone

letterina d'amore N°1

Salve. Sono un affiliato F.I.N. L'altro giorno (venerdì) sono capitato da voi al Forte. Dovevo comperare un paio di indumenti ed invece mi sono innamorato. Ho parlato con una bionda, una femminona "tanta", bella, ubertosa, fertilissima. Signorina, i suoi seni impertinenti, quelle furbe gemellone che porta sotto al naso si sono affacciate a guardarmi, ed io loro, e poi lei. Il suo rigoglio mi ha mandato i lombi in fiamme, e la belva senza scrupoli che ho sotto si è messa a ringhiare. Voleva strappare le catene che la intrappolano e possederla. Sono dovuto andare via in tutta fretta per salvarla, signorina. Ma le confesso che da 4 giorni non metto le mani la sotto. Ci è rimasto male il cosone, ed ora nemmeno per le normali funzioni biologiche si fa avvicinare. Non vuole le mie mani. Vuole le sue. Poi i seni stupendi, poi tutto il resto. Ed io pure. Io però so ragionare, mentre lui conosce solo la legge del corteggiamento rude e dell'amplesso rovente. Le chiedo umilmente di essere gentile: signorina di cui non so ancora il nome, mi liberi da questo maleficio! Come una fatina, novella San Francesca calmi la mia fiera, la, anzi lo carezzi con vigore di maestra finchè non sputi il suo veleno fertile nel tentativo di riprodursi con una stupenda femmina come lei. E lei non dica una parola, signorina...glielo lasci credere così da liberarmi dal sortilegio. La amo. Distinti, speranzosi saluti.

12lu

Perchè la gente si mette insieme? Perchè la gente si fidanza? Perchè si finanza?Perchè ogni volta che torno da una cena al Fog il mio colon ringrazia? Perchè ho un cazzo enorme e spietato? A quella dell'associazione balneari ieri le avrei voluto dire "...che bimmie". Bimmie! Ballerine ed impertinenti come solo le ragazzine sanno avere. Una è quasi uscita fuori. Spettacolo. "...signorina [ ha 40 anni ma va trattata come una ragazzina tettona. Più sono in la con l'età più vanno fatte sentire giovani. E sventate.] le sta uscendo fuori la bimmia destra. Si, bimmia. No, non tetta: quella non è una tetta, ne un seno, è una bimmia. Bimmiona, anzi, se me lo concede...". Al massimo sarei potuto scendere ad un più accomodante "gemellone": signorina, la sua gemellona destra mi sta guardando col suo bell'occhietto puntuto... C'è chi sogna di essere un monarca. Io invece sogno il menarcato. Menarca assoluto. A volte la gente si mette insieme per noia, a volte per paura.

6 lug

Quando sei stanco è la volta che la vita picchia duro. quando sei vulnerabile qualcuno o qualcosa cerca sempre di colpirti. Ma se non mi abbatti mi rialzo, torno in guardia e mastico vendetta. La mente si scioglie in fantasie violente alla Arancia Meccanica. Non basta allenarsi violentemente e massacrarsi di aerobica, no. I nervi infiammati ed i muscoli in contrazione aprono le strade del piacere, e quando un double hand shuffle mi cade dentro, il piacere si invola insieme al desiderio di violenza: sono in quei momenti che vorrei un offesa, quello sguardo in più, per scatenarmi, per umiliare verbalmente, quattro parole taglienti, un offesa, un allusione da lavare col sangue nell'italiano più corretto che trovo, e se non abbassi lo sguardo BEM! Che piacere menomare per sempre un milanese di merda. Menomare, mutilare, invalidare. Credo farei la cosa più giusta: lo castrerei. Sperando che prima non si sia già riprodotto. E già, perchè ormai credo si riproducono solo quelli che guarda caso possono mantenerli, i figli. E le mamme, con suocere comprese. Che nausea le carrozzine e le bici col seggiolino al manubrio, pieni di bambini quasi irrimediabilmente destinati a diventare bipedi stronzi boriosi stressati e dall'accento disgustoso. A dire il vero i peggiori sono forse i fiorentini e quelli del loro interland. Il milanese ha tot soldi li spende in cambio precisione, di solito. il pratese, lucchese, pistoiese, fiorentino soprattutto, hanno meno soldi, o danno l'idea di averne meno, o fanno finta di, però chiedeno ugualmente il possibile e l'impossibile: "pellai" si dice sulla costa, ( e tra di loro, dietro le spalle, ovviamente ), riferendosi al ramo "professionale" dove è nata , o si presume sia nata la ricchezza di tutte queste famiglie dell'entroterra: pellai, quindi pelli, abbigliamento, filamenti, tessitoria. Ma "pellaio" come parola suona sinistra, rimanda al detto " fare la pelle", uccidere per mangiare ma più probabilmente per prendersi una parte dell'animale che ben lavorata, diverrà preziosa. Un compito che prevede la morte, magari il bracconaggio o l'allevamento in condizioni disumane, un compito da mentecatto, da aguzzino, deplorevole. Pur cercando di non giudicare senza conoscere, il mix di grettezza, ignoranza, arroganza e pidocchieria fa pensare che tale termine, "pellai" appunto, gli calzi a pennello.

leggi del disincanto

Prae Scriptum: questo è un sasso nello stagno, non voglio battezzare questa prima "legge" e tutte quelle che eventualmente la seguiranno come definitiva. Quindi chi vuole suggerire agiunte, cambiamenti o stravolgimenti...faccia pure " Bello Vuole Bello" Stamani Claudio in videoteca ha messo un DVD: "come tu mi vuoi", declinazione DeFilippiana del brutto anatroccolo. Il brutto anatroccolo vive una condizione di pària perchè, in mezzo ad una covata di pulcini gialli e carini, lui è l'unico marrone. Alla fine di un tunnel lastricato d'emarginazione, scopre il perchè della sua diversità: lui è un cigno, non un anatra. Gli altri cresceranno e da esserini gialli, carini e pigolanti, diverranno volatili goffi e chiassosi. L'anatroccolo invece diverrà uno splendido cigno, collo lungo e sottile, becco piccolo elegante, piume glauche. E a quel punto capirà che il suo posto è con i suoi simili. Badiamo bene, le anatre sono volatili et indi suoi simili ed in un laghetto è facile vederli palmo a palmo, ma per accoppiarsi, badare bene, accoppiarsi, certo lo sguardo cadrà su un altro cigno. Ma non solo: sul migliore. Se il primo assunto può risultare banale ( anche i cani ed i delfini sono mammiferi, ma non si attraggono e non si "cercano" semplicemente perchè sono specie differenti ), il secondo nasconde una enorme, semplicissima verità. La protagonista del film suddetto si "Mignottizza", baratta un sistema di vita basato sull'interiorità, mortificando giocoforza l'esteriorità, con un quasi esatto contrario, per poter conquistare il suo "principe azzurro". Ovvero il fighetto di turno. Ma allora siamo sicuri, visto per chi si sbatte, che questa tipa sia davvero così "interiore"? Giusta domanda. Eccolo, l'uovo di Colombo: la bellezza è nell'evoluzione di ogni civiltà umana (e forse per tutto ciò che esiste) simbolo forte ed inequivocabile di perfezione. Perfezione, quindi maggiori chances di riproduzione. Se si potesse fare un test un pochino crudele, sarebbe interessante mettere a sedere in una bella via centrale di qualche città medio-grande, facciamo su una panchina all'ora del passeggio, una bellissima femmina. A gambe aperte. Senza intimo. Non dovrebbe fare nulla, non attirarsi l'attenzione addosso, nessun ammiccamento, solo mettere a disposizione il proprio corpo per la "scienza". o per l'astio. Credo finirebbe uccisa...e chi vuole chiudere in battuta questo assist faccia pure. Poi bisognerebbe ripetere l'esperimento alla stessa maniera, ma con una donna meno bella, con magari un solo difetto fisico, ma evidente, inludibile. Per esempio un obesa. Non credo ci sarebbe bisogno di sceglierne una particolarmente orrenda ( chi bazzica il mio gruppo di astiosi ha sicuramente in testa un idea della candidata ideale...). Anch'essa finirebbe uccisa ( altro assist ). Confrontando le modalità di questi due decessi però, si scoprirebbero tante cose interessanti, tipo che la bella è durata tot tempo mentre la brutta decisamente di più, tipo che la bella ha avuto una quantità ed una varietà di "spasimanti" molto maggiore che la brutta, la quale invece ha visto già in atto una scelta di "opportunità"da parte dei suoi assalitori: mi conviene rischiare questo e quest'altro per farmi quella cicciona? La risposta a questa domanda porta inevitabilmente ad una "settarizzazione", e si vedrebbe quindi il gruppo della brutta essere quasi solo di persone e tipi psicologici per cui non è imprevedibile partecipare ad una public gang bang improvvisata: maniaci, feticisti, erotomani, io, persone con delle manie in generale ecc...se si andasse poi a fare un riscontro tra i due gruppi di assalitori, confrontando il loro reddito, i loro averi, le loro carriere ed i loro curricula, magari si vedrebbe uno schema logico chiaro in cui i "vincenti" puntano la bella e non la brutta, ed i "perdenti" ambedue. Sarebbe inoltre interessante registrare i commenti verso le due "cavie", soprattutto quelli delle passanti, per vedere come l'immediato confronto tra donne a livello estetico, ed il risultato negativo/positivo di quest'ultimo influenzi il giudizio etico su quello che le passanti stanno vedendo: una bella che vede la "cavia-bella" che penserà?Ed una brutta di fronte all'una e l'atra, odierà di più la cavia simile a lei o quella esteticamente migliore? Si noti che anche il commento dei passanti di sesso maschile che per motivi di convenienza o per complessi di inferiorità rinunciano ad unirsi al "banchetto" è interessante, nella misura in cui incuriosiscono le giustificazioni della rinuncia e cosa esse rivelano dell'individuo che le ha formulate )- to e continued -