Berlusconiana

SE Berlusconi= televisione E Berlusconi=italia => L'italia è una Repubblica televisiva. Silvio si affaccia sul mondo della politica in un momento, "manipulite", in cui un coacervo disomogeneo di sentimenti attraversano l'italiano medio: si passava in un lampo da confusione, rancore, sconcerto a rabbia e forse gioia (in molti si ricorderanno le monetine contro Craxi). Genialmente il Cavaliere sfrutta quest'onda di cambiamento messa in moto dai tanto vituperati (dopo) giudici di Milano, per impadronirsi degli spazi vuoti che si erano giocoforza creati. A ben vedere una manna del cielo che permetteva a Silvio di entrare in politica con un insperata piena legittimazione data "sulla fiducia", conquistata, tramite il cortocircuito logico della disperazione (degli elettori), del "tanto peggio, tanto meglio", grazie a meriti extra-politici, che, colmo di fortuna, in quel periodo al mercato-Italia venivano cambiati al doppio, quasi al triplo di quelli politici. Ecco quindi che la figura dell'"homo novus", dell'"imprenditore "che si è fatto da solo", del magnate che suo malgrado deve abbandonare, rimettendoci, i suoi affari per amor patrio, acquisisce un assegno "in bianco" da parte degli elettori. Silvio era quindi nella situazione fortunatissima di politico "per dovere" che cavalca il destriero mai sopito dalle nostre parti dell' antipolitica, con i mezzi mediatici appropriati per riscrivere pro domo sua le regole comunicative della campagna elettorale alle porte della stessa, e senza chiedere permesso all'unico concorrente rimastogli, ovvero l'unico partito della vecchia guardia ancora rimasta in piedi, il PDS. E' come se, disposte le pedine sullo scacchiere, lo sfidante del campione decidesse di colpo di cambiare e di sua sponte disponesse dalla sua parte dei puffi. Un azzardo, a ben pensare: un pubblico smaliziato da anni di roventi battaglie scacchistiche, arbitri compresi, si sarebbero potuti fare delle grasse risate di quel buffo ometto che a 60 anni suonati ancora faceva la collezione degli esserini blu... e magari avrebbero potuto chiedergli un curriculum, per vedere se avesse avuto la statura per ambire al ruolo di Presidente del Consiglio. Solo che in quei tempi l'ultimo campione era scappato con le pedine e qualche altro suppellettile, quindi dalla sua parte si sedeva l'ultimo scacchista onesto rimasto, tale Achille Occhetto, di cui si sapevano i pregi ma anche che alla fin fine non aveva mai avuto scores brillanti, tanto da non accorgersi in questo caso che il suo sfidante gli aveva tirato, tra un puffo inventore ed una puffetta, un tranello subdolo ma efficace...diabolico. Il pubblico infatti, stordito da furti fughe ed arresti, non si era accorge che la scacchiera non è stata rubata, perchè alla fin fine le regole ed il campo di battaglia le decidono gli elettori; non accorgendosene, però, e sentendosi defraudato, accoglie altresì il munifico soccorso del Cavaliere, il quale prontamente fornisce una bella scacchiera nuova fiammante: bellissima si, ma a ben vedere, non del tutto identica alla precedente... Fuor di metafora (anche se i puffi mi piacciono), nel vuoto di significato generato da manipulite immediatamente prima delle elezioni del 1994, Silvio, grazie ai suoi potenti mezzi di editore inietta i suoi valori nel tessuto "connettivo" dell'informazione: un coacervo non troppo omogeneo (ma nel campo della persuasione si tratta di sottigliezze) composto da famiglia, patria, religione, ottimismo, lavoro ... e chi più ne ha più ne puffi. Ovviamente per chiudere il cerchio bisognava oltre alla carota, far sentire pure il bastone. A tal proposito Berlusconi estrae un coniglio formidabile dal cilindro: il comunismo. Occhetto si sarebbe dovuto accorgere di qualcosa nel vedere la sua parte della scacchiera bianca e rossa, ma la cronaca di quei giorni è anche la cronaca di una miopia che rasenta la cecità, di una vittoria certa del PDS che tra sottovalutazioni ed eccessi di sicurezza si trasforma in una inspiegabile debacle. Silvio aveva semplicemente e neppure troppo implicitamente dato un "aut aut": dopo di me la tempesta. Comunista. Semplicemente egli aveva fatto scivolare sotto le nuche degli italiani la sua versione della storia patria, in cui la colpa di tutto era del comunismo e dei comunisti. Detto, questo "tutto", sia chiaro, tra i denti, velocemente, proprio come farebbe una massaia che dice la sua sbrigandosi, tra un lavoro ed un altro, perchè non ha tempo da perdere in chiacchiere. Nel "nuovo" modo di comunicare inaugurato in Italia dal Cavaliere un giudizio pesantissimo era tirato li senza troppi soppesamenti "data la gravita del momento", seguito un attimo dopo da un sorriso ed una battuta; vitalità ed ottimismo, energia e nerbo corroborati da una ghigna sempre con l'espressione del "fidatevi di me, so quel che faccio" concimavano il campo del consenso. La situazione era talmente sottosopra che le pubbliche dichiarazioni di voto in diretta tv elargite a più riprese dai VIP che a vario titolo lavoravano in Mediaset ( emblematiche quelle della Mondaini e di Vianello), lungi dall'apparire una umiliante mobbing (chi si rifiutava o faceva a proprio rischio e pericolo, vedasi la vicenda di Corrado Tedeschi), serviva invece a convincere tutto un elettorato che altrimenti se ne sarebbe rimasto a casa. Anni di ponzi pilatismi sull'assetto radio-telvisivo italiano, che era ed ancora è un monstrum, in special modo se paragonato agli esempi degli altri paesi del G8, con contorno di lottizzazioni, spartizioni, lassismi ed inciuci, portano ad un omologazione assoluta tra reti pubbliche e private, in cui queste ultime hanno più capitali e meno regole e le atre dietro a seguire e copiare, nella paura di perdere audience e quindi introiti; oltre a questo il concentrare gli sforzi editoriali sollo sulla materia televisiva porta a sua volta ad una curiosa ed inquietante identificazione italia-tv, in cui quest'ultimo, il pianeta catodico, sembra fare uno sforzo immane per essere il più uguale a se stesso ed omogeneo possibile, esito che lascia in apparenza la sola alternativa praticabile nell'anti berlusconismo (vedasi Guzzanti e Santoro), già ampiamente prevista e sfruttata dal Cavaliere stesso. In questo meccanismo radio e giornali divengono quasi sollazzi per feticisti. Naturale che qualcuno prima o poi arrivasse a mietere, pro domo sua, questa irresistibile messe di "pensiero unico". Berlusconi, appunto. Egli, in un escalation irresistibile, riscrive dunque le regole quel tanto che basta per renderle "Silvio approved", definisce i buoni e stigmatizza i cattivi sotto l'omnicomprensiva definizione di comunisti, e tramite questa "moral suasion" compie l'ultima trasformazione comunicativa, che sa quasi di trionfo: egli infatti, autoproclamatosi "salvatore", apre le porte della sua arca, la quale più si riempie più lo rende credibile; quando la credibilità è a dei livelli accettabili (ma forse lo avrebbe fatto lo stesso), grazie sempre alla sua "facoltosità" mediatica, completa il cortocircuito logico per il quale le sue regole divengono "le " regole, come se lo fossero sempre state. L'arca quindi diventa l'Italia, le elezioni uno spettacolo e gli italiani gli spettatori. A questo punto, ovviamente, tali regole del gioco si stringono a mo di cappio: essendo "l'arca" proprietà del Cavaliere, proprio come quando si va in casa altrui, egli impone, pena il bollino di "comunisti", il suo "decalogo", non più regole del gioco ma vera e propria weltanshauung. Un pò Noè un pò Mosè. E' stuzzicante notare che tutto questo avviene ad un piano solo comunicativo, giocando sui livelli inconsci di paura e speranza, costruendo ad arte panorami rassicuranti e cartoline da mulino bianco, o all'occorrenza cieli grigi e immagini di disperazione, all'uopo del momento. Non siamo veramente su un arca e Il Cavaliere non è un Santo. L'unica cosa che è veramente cambiata e di cui non ci rendiamo conto, è che l'Italia crede di riflettersi allo specchio mentre invece si sta guardando in uno schermo catodico. Questa incrinatura porta ad una nuova cosmogonia di storture e sclerotismi (le leggi del disincanto cercano di descriverne una parte sul lato delle relazioni sociali), uno di quali è che, a livello di comunicazione politica, si dice quello che si appare, ovvero il contenuto di quel che si dice è legittimato solo dal contenente e dal consenso che esso riesce a muovere su quello che si è appena detto hic et nunc. Si prenda ad esempio la squadra "femminile" di ministri al governo. Leggerne i curricula fa in alcuni casi ridere o rabbrividire, a seconda degli stomaci. Il Vostro un giorno ha visto una foto delle quattro ministre, ed ha capito che la vera credenziale non sono più gli studi eccellenti o una fulminea scalata politica, ma l'occhio azzurro piuttosto che verde: dove McCain in America punta su Sarah Pallin per la sua aria verace, da mastino, la sua freschezza "giovanile", i suoi (presunti) exploit da governatrice dell'Alaska, la solida famiglia accanto ecc, nel belpaese Berlusconi punta su Mara Carfagna, il curriculum della quale si trova facilmente digitando il suo nome su google. Quello che vedrete diviso in 12 scatti, uno per ogni mese, è invece il calendario della signorina in questione. Discinto ma non troppo, perchè come l'On Carfagna disse, "credo in certi valori". Ovvio che quando questa simpatica ministra firma una legge sulla prostituzione, l'ironia ci salti addosso con un sorriso. Se da un lato la "discesa in campo" di Berlusconi ha portato ad un salutare, e ripeto salutare svecchiamento della comunicazione politica, il suo permanere come unico politico possibile ed unico editore reale, un pater familia accentratore ed insitente, è equivalso ad una cancrena per lo stesso tessuto comunicativo comune, cha dal lontano 1994 vive in un cortocircuito tra realtà e finzione arcoriana che metastatizza la putrefazione a tutto il nostro tessuto sociale, tanto che si può liberamente fare un vertiginoso salto logico ed incrociare politica, sesso, costume e veline, in quanto tutti questi aspetti, e pure tutti gli altri vivono della luce del tubo catodico, senza la quale non hanno ragion d'essere, o hanno la ragione degli emarginati: vedasi a tal proposito la situazione dei magistrati e del potere giudiziario, l'ultimo rimasto indipendente, che per loro stessa natura non possono accedere "moto proprio" alla ribalta mediatica, e quindi sono condannati al silenzio della loro vocazione, ed a porgere continuamente l'altra guancia agli attacchi quasi quotidiani che subiscono da Cavaliere&Co. Ecco perchè, quando vedo una tedesca liberamente in topless, dopo aver graditamente esaminato le sue poppe ed eventualmente dato sfogo ai corpi cavernosi, penso che nel suo sano paese, se si accende la tv senza pagare nulla, si vedono pochi canali molto, molto sobri, di pubblica utilità: nient'altro. E lo stesso vale per una inglese una francese e persino una russa. Quando invece vedo un italiana rigirarsi in mille maniere su un lettino per togliersi le righe bianche del costume dietro la schiena, ma senza fare vedere "completamente" il seno, quando vedo una milanese correre nervosa sulla battima con un costume tirato dentro le natiche allo spasmo, 2 auricolari e lo sguardo da corazziera, ragazzine con top minuscoli e slip improbabili che coprono il minimo indispensabile alla salvaguardia del buon gusto...ecco in quei momenti penso a Berlusconi.

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